Visitando qualcosa di diverso

Concordavo con lei. Non era mai il momento giusto per raccontare quella scomoda verità. Ogni volta, si rischiava sempre di rimandare a domani … si, domani, e poi non lo si faceva più o per un motivo per l'altro.
A lei non importava se diventavo scorbutico, irascibile. E questo, mi fece sentire meglio, mi apprezzava così com'ero.
Rimasi in silenzio, ad ascoltare la sua storia. Non parlai, ma lasciai che fosse la rossa a parlare.
Rimasi sorpreso nel sentirle dire che era una principessa. Ma ancor di più, mi stupì quello che le avevano fatto. Per colpa di una divinità, un'altra si era vendicata sulla rossa, togliendole i suoi figli e facendola diventare quella di prima.
« E' terribile quello che ti hanno fatto … è ingiusto ». La guardai, mentre pronunciavo quelle parole. Lo trovavo ingiusto.
Non aveva nessuna colpa eppure, aveva pagato lo stesso. Mi trattenni dal dire altro, non volevo uscirmene con qualche frase o con qualche affermazione inopportuna, come dal mio solito. Pensai, se esisteva un modo o qualcosa del genere per poterle togliere quella maledizione di dosso. Ma se era come la mia, ne dubitavo vi fosse qualche speranza. Volevo parlargliene, aiutarla. Ma forse, non era il momento giusto per farlo.
Mi chiese scusa poco dopo. « Per cosa ? » . Si scusava per me perché si stava innamorando di me. Sorrisi a quelle parole. « Oh Keira … » era bello sentirle dire che provava qualcosa per me. La stessa cosa, che provavo io nei suoi confronti. « Non sei l'unica». Le mie parole erano sincere. Ero sincero. Mi feci spazio tra i sedili baciandola sulle labbra. Sapevo che non era esattamente il massimo della comodità quella macchina, ma non mi importava. Mi staccai da lei , qualche istante dopo. « Per questo non ho intenzione di scappare da te » una piccola pausa « Non mi importa cosa diventi, non mi importa assolutamente. » Non importava cosa diventava, quale fosse la sua trasformazione. Ora, davanti a me avevo la stessa persona che avevo conosciuto in quel parco e che ora, le avevo confessato di provare qualcosa per lei, di essermi innamorato.

Era bello, sapere che mi accettava così com'ero.
Dopo tanto tempo, ero riuscito a liberarmi da quel peso che mi portavo dietro da anni. Non dovevo più nascondere la mia vera natura davanti alle persone, temere, che mi potesse sfuggire qualcosa di bocca. Sorrisi ancora una volta. « Ne sono davvero felice ».
Spostai lo sguardo da lei verso la strada per qualche secondo. Quei brutti ceffi erano spariti. Molto probabilmente gli avevamo seminati definitivamente. Meglio così.
Avevano già fatto fin troppi danni in poco tempo non volevo ne facessero altri.
Ero consapevole del fatto che gli avrei rivisti prima o poi. Erano pur sempre cacciatori, e quelli, mi avevano dato l'impressione di essere parecchio cocciuti e ostinati. Non avrebbero abbandonato tanto presto l'idea di darmi la caccia e di prendermi come trofeo. Ma per il momento non me ne volevo preoccupare.
Potevo sparire per un po' di tempo, prendermi una vacanza e andare da qualche parte, in modo tale che le acque si calmassero un po'. Poteva essere una buona idea, magari, avrei portato la rossa con me se avesse voluto. « Ti riaccompagno a casa » , casa …
Dovevo trovare un modo per passare la notte. A casa mia non potevo tornare. Se erano riusciti a seguirmi fin lì, quasi sicuramente conoscevano il luogo dove abitato. Mi serviva una soluzione e speravo di trovarla. Dormire in macchina volevo tenerla come piano B. « Dovrò poi trovare un modo per passare la notte pure io, temo di ritrovarmeli sotto casa », ammisi a Keira la mia preoccupazione. Temevo di ritrovarmeli lì sotto, ad aspettare. Forse, ero un po' troppo negativo io, ma non potevo farci nulla.

Non avevo nemmeno avuto il tempo di dire nulla, che Keira, aveva preso in mano la situazione.
Con la coda dell'occhio la vidi prendere il telefono. Stava chiamando qualcuno, ma non sapevo esattamente chi.
Voleva che restassi da lei, che fossi un suo ospite per il momento.
Non ero abituato a tutta quella premura e gentilezza nei miei confronti; e forse era davvero giunto il momento di abituarmici.
Dopo aver terminato gli studi, avevo sempre fatto affidamenti solo ed esclusivamente sulle mie forze.
Solo su me stesso e su nessun altro.
Per questo, mi sembrava tutto così strano, tutto così “nuovo”. Era una bella sensazione alla fine.
« Non vorrei essere un peso » le dissi semplicemente. Non volevo essere un peso per lei, ma sopratutto, non volevo farle correre alcun rischio con la mia presenza.
Non appena terminai di dire quelle parole, ella riagganciò la chiamata, prendendomi la mano.
Strinsi la sua delicatamente. « Grazie » , la ringraziai non solo per quel gesto, ma per tutto. Per avermi accettato così com'ero; e per essere rimasta al mio fianco, anche dopo tutto quello che era accaduto quel pomeriggio. Prima o poi avrei trovato il modo appropriato per sdebitarmi, o quanto meno, fare qualcosa di carino per lei. Un qualcosa di tranquillo e sopratutto, privo di sorprese all'ultimo minuto.