Per amore, solo per amore

Fanfiction su Sailor Moon (capitoli multipli)

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    Storia di fantascienza AU e per alcuni personaggi OOC.

    Capitolo 1

    Makoto era di fronte al vetro perfettamente trasparente della sala di ricreazione esterna, il guanto destro appoggiato alla fredda superficie che rifletteva debolmente le figure alle sue spalle, intente a divertirsi o almeno a svagarsi tra una battaglia e l’altra. Vide un’ombra riflessa nel vetro, e fu quasi certa di chi fosse.
    - Anche tu non dormi, vero Rei? - disse sorridendo tristemente senza voltarsi.
    - Già. Ormai sono così abituata a svegliarmi nel cuore della notte per qualche allarme che anche se non c’è nulla preferisco muovermi e fare un giro di controllo. - rispose la donna, che dimostrava non più di venticinque, ventisette anni come l’amica.
    - Non ti manca? - chiese l’alta brunetta, muovendo la testa nella direzione del grande globo azzurro che riempiva quasi totalmente il cielo lunare. I lunghi capelli ondulati raccolti in una stretta coda di cavalo ondeggiarono sinuosi da un lato all’altro del collo.
    - La Terra intendi? Sì, mi manca. Quanti anni sono trascorsi da quando siamo state portate sulla Luna, su questa base, per combattere? Tre, quattro?
    - Quasi quattro. Il numero di giorni precisi dovremmo chiederlo ad Ami, lei ti saprebbe dire anche i minuti e con qualche approssimazione i secondi.
    - Già. A volte mi sembra più un androide che una ragazza.
    Entrambe risero, ma senza convinzione, e si spostarono ad uno dei tavoli liberi, accanto al bancone del bar. Rei ordinò un whisky, senza ghiaccio, mentre Makoto preferì un succo di frutta ghiacciato.
    - Non dovresti bere, anche se non sei in servizio. Se ci dovessero attaccare…
    - Che andassero al diavolo, loro e il nostro capo! - sbottò la ragazza dai lunghi capelli neri raccolti a coda e legati con un nastro di seta rossa alla base del collo. - Anche ubriaca potrei vincerli facilmente, quei maledetti Yoma. Non è certo un po’ di alcool che mi fa perdere il controllo…
    - D’accordo, d’accordo, non volevo farti scaldare tanto. - la calmò con un sorriso tirato Makoto.
    Si guardarono mentre aspettavano di essere servite. Entrambe, anche se non era necessario, avevano indossato la loro tuta da combattimento, l’indumento che più di tutti utilizzavano in quegli ultimi mesi, da quando i mostri che abitavano la parte oscura della Luna avevano intensificato gli attacchi. Le tute, colorate in maniera differente per le due donne, rossa per Rei e verde per Makoto, erano fatte di un materiale intelligente che riconosceva il loro profilo genetico per adattarsi a loro come una seconda pelle, dotandole inoltre di forza e velocità leggermente superiori alla media, necessarie per controllare gli esoscheletri da combattimento Soldier Moon. Con quelli loro due, assieme alle loro compagne Minako e Ami, avevano fino ad allora sconfitto gli esseri che da una decina di anni assaltavano l’avamposto lunare del Giappone, l’unico rimasto sulla Luna.
    - E’ che sei troppo mamma chioccia, certe volte. Sembra sempre che tu voglia proteggerci sempre, anche in combattimento, e non solo perché il tuo è il Soldier più corazzato e pesante.
    - Se vogliamo vedere, anche il tuo è perfetto per te, armato fino ai denti, scattante e letale…
    - Già. Se i cani assomigliano ai padroni, anche i Soldiers non scherzano…
    Le loro ordinazioni arrivarono, ma non furono toccate per alcuni minuti, che le due passarono semplicemente ad osservare la cinquantina di persone che affollavano il locale, tutti dipendenti del governo giapponese o di qualche compagnia di ricerca statale. C’erano molti soldati, gente alle dipendenze delle giovani o che avevano il compito di supportarle in combattimento, gente pronta a morire per mano di esseri che sembravano fatti di nebbia, roccia e polvere tenute assieme dall’odio del loro padrone, il Principe Nero, come lo chiamavano tutti alla base di Neo Tokyo due.
    - Alla salute… - disse Makoto, sollevando il bicchiere pieno di succo di pesca.
    Rei stava per afferrare il suo, quando vide una debolissima onda concentrica formarsi nel liquido giallognolo.
    - Yoma. E tanti…
    - Scusa?
    - Yoma. Sento le vibrazioni, come le sente il bicchiere. Sono qua sotto, sono sotto la base.
    Makoto aveva imparato a fidarsi delle sensazioni di Rei. Non aveva mai sbagliato.
    - Ommiodio! Bisogna avvertire immediatamente Lady Chibiusa!
    Una luce rossa intermittente e il suono di una sirena riempirono l’aria del locale e di tutta la base.
    - Credo che lo sappia già. Andiamo.
    Corsero come delle pazze, i tacchi dei loro stivali a risuonare nei corridoi. Attesero con ansia un ascensore che le portasse nei sotterranei, al piano dove risiedeva il comando operativo e l’accesso ai loro Soldiers, e finalmente la porta si aprì sulla grande sala buia illuminata solo dai monitors e gremita di operatori e tecnici. Ami e Minako erano già accanto al loro capo.
    - Vi stavamo aspettando. - disse fredda la donna, di alcuni anni più anziana di loro. Aveva lunghi capelli rosa, le due code che partivano dai lati della testa sfioravano il pavimento. Il suo corpo tornito e atletico era inguainato da una tuta nera completa di guanti e di stivali dal tacco un po’ più alto di quello normale, e alla vita una lunga fascia rosa cupo dava un tocco di colore ad un insieme altrimenti funereo come l’umore di chi la indossava. - Siete in ritardo. - Disse voltandosi.
    Sebbene abituate, sia Makoto che Rei ebbero un attimo di sussulto perfettamente celato nel vedere il volto sfigurato della donna, a cui mancava totalmente l’occhio destro a causa di una lunga e profonda cicatrice che attraversava la guancia di Chibiusa dalla bocca ai capelli.
    - Eravamo… - iniziò Makoto.
    - Non mi interessa. Ora siete qui. Dirigetevi all’ultimo livello del blocco D, gli Yoma stanno tentando di penetrare da uno dei condotti in disuso che collegano la vecchia base a quella nuova.
    - Subito. Se riusciamo a raggiungerli prima della paratia quindici, abbiamo il settantatre per cento di probabilità di sconfiggerli senza danni alla base, altrimenti le stesse probabilità scenderanno a…
    - Ami, lascia perdere, sono già nervosa così. - mormorò la bionda vestita di arancione toccando con una mano guantata il braccio dell’amica, che sfoggiava una tuta identica alle altre ma in un blu scuro che somigliava al colore dei suoi capelli, tagliati a caschetto.
    - Era solo per informazione. - sembrò scusarsi lei, ma senza espressione.
    Le quattro ragazze si diressero a quattro porte aperte la cui intelaiatura era colorata come le loro tute, e entrarono nella piccola stanzina che era in realtà un ascensore. Le porte si richiusero con un fischio sommesso e le giovani sparirono nel sottosuolo, ognuna diretta ad un ben specifico Soldier Moon.
    - Sono venuti per loro… - mormorò Lady Chibiusa, scuotendo la testa. - sono venuti per i Desideri. Ma non glielo permetterò. I Desideri non devono realizzarsi. Mai.
    - Soldiers Moon Mars e Jupiter pronti all’azione. - disse deciso uno dei tecnici, controllando il suo schermo.
    - Soldiers Moon Venus e Mercury operativi. - annunciò il suo vicino.
    - Bene. Rimuovete tutti i blocchi di sicurezza. Ragazze, sono tutti vostri.
    - Andiamo! - gridarono in coro le quattro, ognuna di fronte al suo esoscheletro da combattimento, al momento simile al cadavere alto quasi tre metri di un mostro il cui petto era squarciato rivelando un interno luccicante e colorato di luci intermittenti.
    Soldier Mars era l’esoscheletro di Rei Hino. Era stato strutturato per i combattimenti in corpo a corpo, una sorta di lama semovente infinitamente cattiva. Aveva un corpo sottile, non eccessivamente corazzato, dotato di lunghe gambe artigliate per permettere all’occupante di muoversi in completa sicurezza alle alte velocità. Le braccia, leggermente sproporzionate rispetto al resto, terminavano con artigli affilati lunghi quasi mezzo metro, perfetti per squarciare e distruggere. Essendo il Soldier da combattimento per eccellenza, due cannoncini da trenta millimetri al plasma erano montati sugli avambracci e collegati al serbatoio di materia e antimateria montato sulla schiena. Il volto, in realtà il casco dove trovava alloggiamento la testa del pilota, era sagomato a somigliare al volto di un essere mostruoso e fiabesco dotato di corna ricurve e di corti corni sotto il mento. La ragazza saltò nel busto aperto, sistemò le braccia e le gambe nelle sedi apposite e diede il segnale di chiusura del tronco, che con un fischio meccanico sigillò Rei all’interno del lucido esoscheletro rosso fuoco. L’armatura fece alcuni passi e stirò le braccia, facendo rientrare e fuoriuscire nuovamente gli artigli con un secco rumore.
    - Pronta e operativa. Andiamo ad uccidere… - ghignò la ragazza, dirigendosi a grandi passi verso l’uscita.
    - Piccola, sei pronta a batterti? - sorrise Makoto, toccando il suo esoscheletro verde scuro e nero, Soldier Jupiter. Era massiccio, alto quasi tre metri, il più alto dei cinque fino ad allora costruiti, con robuste gambe e braccia coperte come il busto da spesse lastre di protezione di ultima generazione. Creato per il supporto tattico a lunga distanza, montava sulle braccia due mitragliatrici a canne rotanti i cui nastri delle munizioni scomparivano nella spessa schiena, dove erano montate anche le bocche da fuoco per dei missili a frammentazione. Gli arti e il busto erano stati concepiti per resistere a tremendi urti e per sollevare pesi simili a quelli di un camion, per cui Makoto aveva già provato con successo a schiacciare il corpo di uno Yoma con le mani provando la stessa sensazione di sforzo che un adulto prova spaccando un grissino. Amava quel momento, e appena poteva usava i potenti pistoni idraulici delle braccia e delle gambe per schiacciare e frantumare i nemici. Un luccichio sul volto, un parallelepipedo allungato dotato solo di una sottile feritoia per gli occhi e i sensori di visione, parve risponderle. - Bene. - esclamò convinta la brunetta, saltando nell’alloggiamento del pilota e facendo chiudere la corazza sopra di lei. - Non ditemi che sono l’ultima come al solito…
    - Direi di no. - rispose nel microfono del Soldier Minako. - Io sto chiudendo adesso il mio Venus.
    L’armatura della bionda era stata studiata per il supporto alle truppe non corazzate e per l’attacco a media distanza. Era una riproduzione in scala di un essere umano, apparentemente una donna, viste le proporzioni, con sottili e delicate mani e lunghe gambe, che permettevano movimenti sicuri e veloci, oltre a nascondere nelle dita piccole mitragliatrici. I due grossi cilindri dietro la schiena contenevano le munizioni per l’esoscheletro e degli speciali missili teleguidati che potevano essere controllati singolarmente da Minako durante il combattimento, permettendo una adeguata protezione delle truppe in campo. Nelle braccia erano inoltre presenti speciali sistemi di diagnostica, di riparazione e di pronto intervento che potevano essere utilizzati sia sui mezzi meccanici che sui soldati feriti, grazie anche alle spiccate capacità mediche della giovane.
    - Se avete finito di parlare, direi che sarebbe meglio metterci in marcia. Vi sto aspettando all’ascensore cinque, è la via più veloce per raggiungere il blocco D. - le riprese Ami, il suo esoscheletro, Soldier Mercury, già adeguatamente sigillato sul suo corpo. Era un’armatura blu scuro, leggera e agile, adatta alla ricognizione e all’analisi del terreno di combattimento. Nonostante fosse armata con due cannoncini di piccolo calibro sulle spalle, il suo punto di forza erano le tre paia di braccia meccaniche che al momento erano in riposo dietro la schiena, ma sempre pronte a scattare in azione per permettere alla giovane di muoversi in qualunque terreno e con qualunque condizione, oltre che essere utili in combattimento come vere e proprie armi bianche. Sia il casco sia il resto del corpo erano disseminati di sensori di ogni genere, oltre che di distorsori per rendere il Soldier virtualmente invisibile a qualsiasi sistema di scansione, compreso quello visivo. Era inoltre equipaggiato con un generatore di cortina fumogena e con dei falsi bersagli per sfuggire all’eventuale fuoco nemico.
    - Come vuoi. Ti odio quando hai ragione.
    - Quindi, Mako, tu mi odi sempre…
    - Ami… - ridacchiò la donna mentre i quattro esseri metallici aspettavano che l’ascensore si fermasse al piano.
    - Attente. Dai dati che ci sta passando Lady Chibiusa possiamo trovare dalla porta in avanti qualsiasi tipo di problema... - esclamò Rei.
    - Inizierei a preoccuparmi se trovassi uno Yoma di livello tre. Quelli si che sono duri da abbattere…
    - Ma più son grossi, più è bello sentirli morire quando cadono. - rispose alla bionda la donna vestita di rosso, le mani del suo Soldier a muoversi lentamente come per testare la loro forza.
    Il rumore elettronico dell’ascensore indicò che avevano raggiunto l’ultimo livello del blocco D. Le porte si aprirono lentamente, con uno strusciare che sembrò un urlo nel silenzio che si era formato. Il corridoio era al buio, solo leggere e velocissime scariche elettriche nei neon del soffitto illuminavano per qualche istante delle zone.
    - Sembra deserto. Non rilevo nessuna attività… - avvertì Ami. - Ma prudenza. E’ troppo tranquillo.
    - Vado avanti io. Sono quella meglio equipaggiata. - decretò Makoto, muovendo alcuni passi nel tunnel. Dietro di lei si pose Rei, e Minako chiuse la fila.
    Il corridoio continuava per una decina di metri, per poi curvare verso sinistra e fermarsi ad una porta metallica chiusa con un codice di accesso.
    - Non riesco ad avere informazioni della stanza. - borbottò Ami. - Lady Chibiusa, avete dei dati sulla stanza?
    - Nessuno. E’ il primo magazzino che si incontra nel blocco . Da esso ci si può muovere in tutto il livello, ma a parte il segnale di intrusione che abbiamo già ricevuto, non abbiamo notizie. Potrebbe essere vuoto come essere straripante di Yoma.
    - Notizie sempre confortanti, eh? - mormorò cupa Rei. - Entriamo e scopriamolo.
    Ami avvicinò la mano metallica alla tastiera e digitò un codice, ma la porta rispose con un segnale rosso sul display sopra la tastiera e un suono elettronico.
    - Il codice non mi autorizza ad accedere.
    - Ma è un codice passpartout. Nessuna porta dovrebbe rimanere bloccata…
    - A meno che non abbiano rotto il sistema dall’interno. In questo caso funziona solo lo sbloccaggio manuale.
    - Ho capito. - sospirò Makoto. Dobbiamo usare le maniere forti, piccolina…
    I pesanti arti meccanici di Soldier Jupiter artigliarono la porta, piegando l’acciaio delle lamiere esterne come se fosse carta velina. I pistoni si misero in azione, iniziarono a sforzare, a trasmettere alla porta tutta la forza di cui era capace l’esoscheletro, che moltiplicava per migliaia di volte quella dell’occupante. Le due parti della porta scorrevole si mossero, urlarono mentre uno ad uno i fermi si spezzavano, finché anche l’ultimo cedette e le due parti si mossero all’interno delle pareti, andando a battere pesantemente.
    - Siamo nei guai… - mormorò Ami, impallidendo.
    - Perché? Non vedo nessuno nell’area…
    - Dietro quella struttura, tre Yoma di livello cinque, dietro quella alla tua destra, Mako, altri cinque, ma il problema sono quelli che stanno arrivando dal corridoio otto dritto di fronte a te. Sono tutti di classe quattro.
    - Un attacco in grande stile. - sorrise Rei,
    - E il bello deve ancora venire. Se i dati sono esatti, ma spero vivamente che siano completamente sbagliati, nell’area in disuso ho un riscontro di un livello due.
    - Cosa? - gridò Minako. - Un livello due. Ma erano solo teorizzati, mostri come quello…
    - Te l’ho detto. I sensori sono troppo imprecisi a questa distanza, ma sembrerebbe un livello due. Forse un tre molto potente.
    - Beeene, di male in peggio. Eccoli che arrivano. Tenetevi pronte, ragazze, si balla. - disse la brunetta, avanzando e iniziando a far girare le canne delle mitragliatrici per scaldarle.
    - Io sono già pronta! - gridò Rei, lanciandosi in avanti come una predatrice, un’ombra rossa nel buio della stanza, solo gli artigli lucenti che trapassarono senza nessuno sforzo il corpo di uno degli Yoma alla sua destra. Il mostro si sgretolò in una sabbia nera e fine, come erano soliti fare, per poi sparire nel nulla, come se non fossero mai esistiti.
    Sebbene non pericolosi, i mostri tennero occupate le quattro per parecchio tempo, impedendo loro di avanzare troppo nella stanza, come se volessero proteggere qualche cosa nel corridoio o nelle altre stanze da cui si poteva arrivare dal magazzino.
    - A che distanza è il livello due?
    - Costante Rei. Sembrerebbe non muoversi. Anzi, no, aspetta, si è mosso.
    - Dalla nostra parte, Ami.
    - No, al contrario, sembra che abbia deciso di allontanarsi nel vecchio complesso.
    - Ma cosa?
    - Inseguitelo! Inseguitelo immediatamente! - tuonò la voce del loro capo nelle loro orecchie. - Se non riuscirete a fermarlo non avremo speranze!
    - Cosa sta succedendo? - chiese Makoto, schiacciando la testa di uno Yoma di livello cinque con una mano, mentre con l’altra ne lanciava un altro con un muro, crepandolo.
    - Ora non c’è tempo. Dovete fermarlo.
    - E va bene, ma ci deve una spiegazione! - esclamò Minako, che con Ami erano riuscite ad evitare l’attacco di alcuni mostri e a portarsi vicino alla prete distrutta da cui partiva un tunnel scavato con gli artigli.
    - Hanno usato questa stanza solo perché vicina al corridoio della vecchia ala. Non volevano attaccare noi, volevano solo trovare la via più veloce. - borbottò Ami analizzando i dati in suo possesso e confrontandoli con le piantine nel database del suo Soldier. - Ma cosa stanno cercando in quei tunnel chiusi da dieci anni?
    - Via, via presto, prima che ci blocchino di nuovo… - gridò Rei arrivando assieme a Makoto alle loro spalle.
    Le quattro corsero quanto era loro possibile finché non arrivarono in una sala rovinata dal tempo, piena di polvere, ruggine e pezzi ormai rotti di apparecchiature. Una piccola luce rossa stava lampeggiando su un pannello corroso.
    - Ancora sta funzionando qualcosa qui dentro? - si sorprese Minako.
    - E’ un sistema di alimentazione. Sembrerebbe simile alle celle a fusione controllata che alimentano i nostri Soldiers. E’ autonoma rispetto al reattore principale, e sembra dedicata al mantenimento di una cella criogenica. Ma ora il segnale dice che la cella non è nei parametri.
    - Lo Yoma!
    - Concordo, Rei. La cartina che ho davanti allo schermo mi dice di proseguire lungo questo tragitto per raggiungere la sala di contenimento. Lo Yoma è già là. Vi sto mandando la mappa sullo schermo secondario del Soldier.
    La porta del laboratorio era stata divelta come se fosse stata fatta di plastilina e non di acciaio rinforzato. Un brivido di puro terrore corse lungo la schiena delle donne, mentre entravano. Un ombra nera come la notte, più buia del buio attorno a lei stava dando loro le spalle.
    - Miodio quanto è alto. - mormorò senza fiato Makoto.
    - Ti ho già detto come la penso, no? - le chiese Rei, lanciandosi contro il mostro con gli artigli, ma la pelle coriacea del mostro emanò solo delle scintille mentre le lame scivolavano senza fargli nessun danno. - Mmmm, tipo tosto, eh? Va bene, proviamo con il plasma, scaldiamo un po’ l’ambiente.
    Il crepitio del plasma surriscaldato e incanalato riempì l’aria, colpendo alla schiena lo Yoma, che inarcò il tronco e si voltò, visibilmente arrabbiato ma apparentemente incolume. In una delle molteplici zampe che spuntavano dal grande busto stringeva una capsula azzurrastra.
    - I Desideri. Non fateglieli portare via. Fermatelo ad ogni costo, anche della vostra vita! - gridò quasi isterica Lady Chibiusa. C’era terrore e odio nella sua voce.
    - Desideri? - pensò Ami, come se qualcosa le avesse solleticato i ricordi, ma scosse la testa. - Ci penserò dopo. Ora dobbiamo trovare il suo punto debole.
    Ad eccezione del Soldier Marcury, gli altri tre attaccarono con qualsiasi mezzo il mostro, ma dopo pochi minuti Minako dovette staccarsi dal gruppo per proteggere l’entrata dagli Yoma di basso livello che si stavano riversando da chissà dove per aiutare il loro compagno.
    - Ami, allora, quanto ci metti?
    - Credi che sia facile Rei? E’ sconosciuto a tutti i database, e posso solo teorizzare.
    - Fallo in fretta.
    - Le gambe, provate con le gambe. Come il Colosso di Rodi.
    - Le gambe Hai detto? Subito. - gridò Makoto, sparando le ultime raffiche di colpi che aveva alle ginocchia del mostro, che cadde a terra, disgregandosi lentamente. Come colpiti da mani invisibili, anche gli altri si distrussero immediatamente, lasciando nella stanza solo gli esoscheletri ad osservare la disfatta dell’essere.
    - Arrivederci all’inferno, bastardo! - esultò Rei.
    Lo Yoma sembrò sorridere, una sottile vena rossa in quella che avrebbe dovuto essere la testa, prima di scomparire, e con la mano schiacciò, distruggendolo, il contenitore azzurrastro, da cui si liberò una sottile nube lattiginosa che si diresse come dotata di vita propria verso i bersagli più vicini che trovò, i quattro Soldiers. Tutte le luci di allarme delle armature da combattimento si accesero all’unisono.
    - Maledizione, e ora che cavolo sta succedendo? - urlò Rei.
    - Non lo so, non lo so. Tutti i sistemi sono saltati, anche il supporto vitale. - le rispose terrorizzata Ami. - Lady Chibiusa, cosa dobbiamo fare?
    - Nulla, non potete fare nulla. Addio, ragazze. - mormorò la donna, chiudendo il collegamento.
     
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    Capitolo 2

    Makoto aprì gli occhi come se stesse sollevando delle paratie in cemento. Aveva in bocca un sapore orribile, e tutto il suo corpo formicolava in maniera spiacevole. Mugolò qualcosa di indistinto, senza sapere nemmeno lei cosa stesse dicendo, e richiuse gli occhi per un secondo, come per raccogliere le energie, quindi sbatté le palpebre.
    - Dove mi trovo? - gracchiò, la voce roca e impastata.
    Il sapore orribile si diffuse, colpendo come un martello la lingua. Deglutì a fatica, la gola secca, riarsa come dopo una lunga giornata nel deserto.
    - Ancora nel mondo dei vivi, Comandante Kino. - le rispose Lady Chibiusa, fuori dalla sua portata visiva.
    - Le altre?
    - Sempre pronta a proteggere gli altri, a metterli prima di te stessa, eh? Comunque stanno tutte bene, anche se non hanno il tuo fisico, e stanno ancora dormendo.
    - Cosa è successo?
    - Non lo sappiamo. - La voce era leggermente metallica, e solo allora Makoto capì di ascoltarla attraverso degli altoparlanti. Era in una camera completamente bianca, senza finestre e apparentemente senza porte, per quello che poteva vedere. - Sappiamo solo che dovreste essere morte, dopo essere state esposte a quella strana nebbia.
    - Sapete cosa era?
    - Più o meno.
    - E non ci avete detto nulla? - alzò la voce la giovane, tentando anche di alzarsi dal letto, ma un improvviso giramento di testa la costrinse a gettare nuovamente il capo sul cuscino.
    - Non sapevo nemmeno io cosa stessero cercando se non all'ultimo momento, e non ho potuto avvertirvi. Ho solo potuto darvi l’ordine di fermare gli Yoma.
    - E cosa stavano cercando?
    - Una sorta di arma chimica. - mentì la donna dai capelli rosa. - Molto probabilmente negli anni aveva perso efficacia, o sareste solo cibo per vermi ora.
    - Allettante prospettiva. Perché sono così a terra? Mi sembra che mi abbiano investito con una navetta trasporti.
    - Vi abbiamo potuto raggiungere solo dopo una mezzora dall'incidente, e credevamo di dover recuperare dei cadaveri, ma i sistemi vitali dei Soldier erano tornati a funzionare, permettendovi di sopravvivere. Ma l’intervallo tra lo spegnimento e la riaccensione dell’esoscheletro è stato sufficiente per debilitarvi pesantemente. Sono passati due giorni dall'accaduto.
    - Due giorni? - ripeté sorpresa Makoto.
    - Esatto. Ma ora riposati. Andrò a vedere le altre ora. Per ovvi motivi di sicurezza, finché non saremo certi che siete sane, sarete tenute in quarantena.
    - Immaginavo. - sospirò lei. Aveva solo voglia di dormire, non di pensare, e velocemente, complici anche le droghe che venivano lentamente pompate nel suo sangue dall'endovenosa, si riaddormentò.
    La donna si staccò dall'altoparlante, continuando ad osservare il corpo inerte della sua sottoposta. Inavvertitamente si portò la mano guantata al volto, passando il dito sulla superficie irregolare della cicatrice che le deturpava il viso.
    - Un tenue ricordo di ciò che ho passato. E voi siete ciò che potrei essere. Ma non è ancora detta l’ultima parola… - pensò spegnendo lo schermo che le permetteva di vedere Makoto. Mosse pochi passi nel corridoio bianco, salutando distrattamente l’infermiera che le fece il saluto militare incrociandola. Si fermò davanti ad un altro schermo, quello che le avrebbe permesso di vedere la camera di Rei. Non riusciva a sopportare quella donna. - E’ qualcosa di genetico. Appena l’ho vista l’ho disprezzata profondamente. Come se fosse qualcuno che dovevo combattere…
    Sorrise triste accendendo lo schermo, che lampeggiò un attimo prima di trasmettere l’interno della stanza sigillata. Rei stava dormendo profondamente, ma dormendo un sonno agitato, tanto che la fronte era imperlata di sudore e solo il fatto di averla legata ai polsi e alle caviglie con delle fasce imbottite le impediva di strapparsi l’ago dal braccio.
    - Cosa stai pensando? Cosa stai sognando, piccola intrigante? Cosa ti sta facendo agitare così? Non hai nulla, conosco la tua storia come le mie tasche, ti conosco meglio di quanto tu conosca te stessa. Il tuo lavoro è tutto ciò che hai, tutto ciò che hai sempre avuto, da quando tuo nonno è morto, come tutta la tua famiglia, uccisa dieci anni fa. Ormai hai solo te stessa e il tuo Soldier. - Si interruppe per un secondo, spegnendo il monitor quasi con rabbia. - Il mio Soldier, Moon Pi. Già, ma ora è solo Mars…
    Una donna dai lunghi capelli neri e ricci le si avvicinò. Indossava un camice bianco e dei piccoli occhiali da lettura rettangolari.
    - Comandante Chibiusa…
    - Luna…
    - La disturbo?
    - No, assolutamente. Ci sono delle novità?
    La donna, di circa trent’anni, annuì.
    - Il soggetto numero quattro, il comandante Aino, si è svegliata prima del previsto, e sembra che non reagisca alle nostre cure.
    Lady Chibiusa sbarrò gli occhi.
    - Rigetto? Ha avvertito la vigilanza di…
    - No, no. Non sembra rigetto. Non ha manifestato nessun sintomo anomalo. Semplicemente sembra non avere nulla.
    - Impossibile. Mi faccia vedere i dati. - le ordinò strappandole di mano la cartelletta piena di fogli, che scartabellò velocemente soffermandosi su alcuni dati in particolare.
    - E’ incredibile. Sembra che il suo corpo non abbia traccia dei Desideri. Ma abbiamo visto tutti quello che era successo, quando le abbiamo estratte.
    - E’ quello che non mi spiego. Le altre hanno chiari sintomi, la stanchezza, la febbre, una certa resistenza alle medicine, tanto che per sedare Makoto stiamo usando delle dosi degne di un elefante, ma nel suo caso sembra che tutto quanto non sia mai esistito.
    - Voglio vederla, e subito.
    - Immaginavo. Ho già fatto preparare una tuta di contenimento per lei. La sta aspettando nella stanza sette.
    Le due donne camminarono velocemente in un piccolo locale completamente coperto di lamiere di lucido acciaio. Una spessa tuta simile a quelle di un astronauta del ventesimo secolo stava aspettando la donna dai capelli rosa, che venne aiutata dalla dottoressa finché il casco e il respiratore annessi alla tuta non furono chiusi e collegati adeguatamente.
    - E’ pronta. Tutti i sistemi sono attivi?
    - Sì. - le rispose lei, la voce metallica data dall'altoparlante montato appena sotto la gola, un sottile rigonfiamento nel materiale bianco della tuta.
    - Si ricordi che in caso di necessità può utilizzare un taser montato nel braccio destro. Non ha molta durata, ma è potente.
    - Spero proprio di non doverlo adoperare. - sorrise Lady Chibiusa.
    Luna annuì e lasciò la stanza, chiudendo ermeticamente la porta alle sue spalle. Solo allora una delle pareti di acciaio si mosse, slittando in se stessa per permettere il collegamento fra la camera di decontaminazione a quella di quarantena.
    - Finalmente vi siete decisi a dirmi qualche cosa! - urlò infuriata Minako, andando a grandi passi verso la porta che aveva visto formarsi nella superficie bianca della sua cella, ma si fermò, vedendo entrare il suo superiore.
    - Comandante…
    - Comandante Aino, sono felice di vederla in piedi prima degli altri. Mi ha stupito, stupito così tanto che ho voluto farle una visita personale. Si sieda, per favore.
    - Cosa è successo? - chiese lei rimanendo in piedi.
    - Si sieda, la prego. Non sappiamo esattamente ciò che vi è successo, per cui preferisco saperla al sicuro in caso lei svenga.- La bionda, vestita solo con un largo camice di tessuto non tessuto biancastro sembrò considerare l’ipotesi, quindi si voltò e si sedette sul letto. - Così va meglio.
    - Cosa ci è successo? Dove sono le altre? Come stanno?
    Lady Chibiusa rise sommessamente nel casco.
    - Quante domande. Non ho però tutte le risposte.
    - M dia quelle che ha.
    - Le altre ragazze stanno bene, o quasi. Ho parlato alcuni minuti fa con Makoto, prima che si riaddormentasse, e mi è parsa tranquilla, anche se stanca. Ami sta dormendo profondamente da due giorni come tutte voi, ma i suoi segnali vitali sono nella norma, per cui credo che non ci saranno complicazioni…
    - Rei?
    - Rei dorme, anche se ha il sonno agitato, ma nulla che abbia a che vedere con la salute. E’ attaccabrighe nel sonno come è nella realtà…
    - Già. - assentì la bionda, sorridendo. - E’ sempre attiva, sembra che abbia il fuoco dentro. Ma cosa ci è capitato? Intendo dire, l’ultima cosa che ricordo prima di svegliarmi in questa stanza che mi sembra un prigione dorata è il mio Soldier che si spegneva e io che perdevo i sensi dopo pochi minuti.
    - Non lo sappiamo. Immaginavamo di dover recuperare dei cadaveri, ma i sistemi di sostentamento dei Soldiers sono ripartiti quasi immediatamente. Quello che vi ha colpito era quello che possiamo solo definire come una sorta di arma chimica, qualcosa di estremamente pericoloso per quello che ho capito, ma fortunatamente negli anni deve essersi degradata, o non sarebbe rimasto molto di voi e delle vostre tute da combattimento.
    - Ma lei sapeva a cosa andavamo incontro? Intendo dire, lei ci ha detto di intervenire subito, quindi sapeva che cosa stavano rubando, che cosa potevamo trovare…
    - Lo potevo solo immaginare. Avevo delle informazioni, ma nulla di più. Quelle sale sono state chiuse e sigillate dieci anni fa, poco prima che scoppiasse la guerra con gli Yoma, e in teoria tutto doveva essere eliminato o inutilizzabile. Le informazioni che ho recuperato dagli archivi mi sono giunte solo quando il pericolo era già presente.
    - Capisco. Quando potrò andarmene da qui?
    - Non posso dirtelo io. Ti dovranno fare ancora degli esami, dato che tu ti sei ripresa in maniera particolarmente veloce. La paura dei medici è che sia solo una ripresa momentanea…
    - Insomma dovrò starmene ancora qui senza nessuno con cui parlare e a guardare un muro bianco…
    - Mi spiace, ma questo è quanto deciso dai medici. E io sono d’accordo. Ho bisogno di voi quanto prima, ma non posso rischiare che stiate male o peggio durante un combattimento. Nel frattempo i vostri Soldiers sono stati controllati, aggiustati e lucidati come appena usciti dalla fabbrica…
    - Hanno subito molti danni? Dall'arma intendo.
    - No, no, solo un sovraccarico momentaneo. Per sicurezza comunque abbiamo provveduto ad una revisione generale.
    - Bene… - sbadigliò, tentando di mascherare la cosa con una mano sulla bocca.
    - Stai bene?
    - Sì, ma mi è venuto improvvisamente sonno…
    - Forse qualcuna delle medicine che ti stavano dando prima che ti strappassi l’endovena. Mettiti a letto e dormi.
    - Ma…
    - E’ un ordine.
    Mormorando la ragazza fece come le era stato ordinato, e si addormentò prima ancora che Lady Chibiusa le risistemasse l’ago appena sotto l’incavo del gomito sinistro.
    - Cosa ne pensi? - chiese nella ricetrasmittente interna alla tuta.
    - Non saprei. I dati non evidenziano nulla di anomalo. E’ perfettamente sana. E questo mi preoccupa. - le rispose Luna, che aveva seguito ogni movimento delle due donne nel monitor esterno, prendendo nota su un taccuino di come si alteravano i parametri vitali della bionda, ma senza rilevare nulla di strano.
    - Ami?
    - Nessun cambiamento. L’unica cosa è un leggero abbassamento della temperatura corporea.
    - Quanto?
    - Mezzo grado. Potrebbe essere fisiologico, una maniera come un’altra per reagire ai Desideri. Rei ha la febbre, lei agisce al contrario…
    - Va bene. In ogni caso, mi tenga informata su qualsiasi cambiamento. Io vado a riposare nella mia stanza. Sono stati due giorni lunghi…
     
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    Capitolo 3

    Le quattro donne si riunirono nella sala di ricreazione esterna, utilizzando la loro pausa per chiacchierare in libertà. Da quando erano uscite dalla quarantena, una settimana prima, tutto era tornato alla normalità, ma sapevano che qualcosa era cambiato.
    - Come vi ho detto, ho come delle sensazioni, certe volte…
    - Qualcosa che non avevi prima, vero Mako? - le chiese Rei.
    - Esatto. A volte mi sento maledettamente stanca, a volte invece piena di energia, e poi il fatto di sentire come una specie di bisbiglio, una voce che mi parla, ma di cui non capisco le parole.
    - Ne hai parlato con Setsuna?
    - Minako, sei matta? Quella è una strizzacervelli prima ancora che un topo di laboratorio della peggior specie, e io vado a parlarle di vocine che ogni tanto sento? Come minimo mi mette una camicia di forza come nuova uniforme.
    - Beh, non staresti male…
    - Rei, sai cosa sto per dirti, vero? - sorrise malvagia la brunetta.
    - Per adesso conviene solo che diciate cosa volete, o la cameriera deciderà di tornare molto più tardi… - le interruppe in maniera quasi atona Ami, indicando la ragazza che si era avvicinata al tavolo.
    - Ah, scusa. Due succhi freddi per me e Minako…
    - Una vodka…
    - Rei, è la una! - la rimproverò Makoto
    - Senza ghiaccio. Doppia.
    - Un bicchiere di acqua naturale.
    La giovane scrisse e se ne andò.
    - Attenta a non esagerare, Ami…
    - Nessuno è mai morto per dell’acqua, mentre l’alcool provoca notevoli danni al fegato, oltre che sovraccaricare il sistema…
    - Va bene, va bene, tanto chi muore sono io… e poi, siamo sopravvissute a quella nebbia strana, vuoi che mi faccia del male un po’ di alcool?
    - Ma voi avete poi capito cosa ci è venuto contro?
    - No, Minako, e la cosa mi da molto fastidio. Ho analizzato tutti i dati in mio possesso, ma non sono riuscita a trovare nulla. Alcuni riferimenti al progetto “Desiderio” sono classificati, e forse nemmeno Lady Chibiusa può accedervi.
    - Addirittura? Ma se possiamo accedere ai disegni tecnici dei nostri Soldiers… - commentò Rei.
    - Già. Sembra decisamente strano. Come mi sembra strano che nessuno ci abbia mai fatto di nuovo vedere i Soldiers. Anche durante l’ultimo attacco ci hanno detto che dovevamo rimanere alla base, e quindi non li abbiamo usati.
    - Io sono riuscita a vedere il mio. Una sera sono sgattaiolata nel condotto di emergenza e sono andata a vedere la mia bambina…
    - Mako, sei incorreggibile. E allora? Tutto in ordine?
    - Direi di sì. L’hanno lucidata, oliata, messa a nuovo nemmeno dovessimo andare ad una parata. Sembra che non abbia nulla.
    - Ma… - la spinse Minako, che aveva capito che c’era qualcosa sotto.
    - Ma… - sospirò. - Ah, le nostre ordinazioni… - cambiò argomento, e non riprese finché la cameriera non si allontanò. - Ma quando ho accarezzato Jupiter, ho sentito uno strano formicolio in tutto il corpo, come se io e lei fossimo legate in qualche modo…
    - Beh, quindi niente di strano… - mormorò Rei ingoiando la vodka come se fosse acqua fresca.
    - No, non intendevo il legame che avete anche voi con il vostro Soldier. Intendo qualcosa di più profondo, come se adesso fossimo… No, è stupido, meglio che non ve lo dica.
    - Un’anima in due corpi?
    Le tre si voltarono verso Ami, stupite.
    - Cosa hai detto? - le chiese esterrefatta la brunetta.
    - Dalla tua reazione posso dedurre che ho indovinato quello che volevi dire. Anche io sento la stessa cosa, ma spesso. Mi sembra di essere separata, di avere perso qualcosa di me e di aver guadagnato qualcosa del Soldier. Mi manca Mercury, mi manca davvero.
    - Tu? Che hai sempre pensato che il tuo esoscheletro fosse solo uno strumento che se si rompeva si poteva sempre aggiustare? - la derise Rei. - Mi stupisci, Mizuno, mi stupisci davvero…
    - Prendimi in giro quanto ti pare, ma scommetto che anche tu senti la stessa cosa. E tu, Minako?
    La bionda annuì quasi vergognosa, bevendo il succo di pera come se fosse un’ancora di salvezza alla domanda.
    - Magari è solo suggestione… Le voci, il legame con i Soldiers. Magari sono solo coincidenze. Siamo lontane dalla battaglia da quasi un mese, non siamo abituate a stare ferme così a lungo.
    - Questo non toglie che non ci vogliono far usare i Soldiers…
    - E hanno solo fatto la scelta giusta. - disse una voce che immediatamente le quattro riconobbero, innervosendosi.
    - Haruka. - sibilò Makoto.
    - Comandante Haruka, prego.
    - Quindi devo presumere che ci sia anche la tua gattina da guardia, Michiru.
    - Esatto, signorina “so tutto io”. A quanto pare siete state messe in pensione. Alla vostra età? Che peccato… - disse sarcastica la donna dietro Haruka.
    Era alta, dai lunghi e ondulati capelli verdi, e indossava una tuta da combattimento simile a quella che avevano le ragazze, ma in un verde più chiaro di quello di Makoto, così come la sua compagna, sia nel lavoro che nella vita, indossava una tuta marrone chiaro, leggermente più scura del colore dei suoi corti capelli lisci tagliati in maniera maschile. Molti nella base avevano creduto ai primi tempi che fosse un maschio, sia per i modi che per l’aspetto.
    - Che cosa ci fate voi qui? E soprattutto che cosa ci fate con addosso una tuta da combattimento? Hanno aperto il Carnevale in anticipo e voi ne approfittate?
    - Molto simpatica, Rei, davvero molto simpatica. Davvero non sapete nulla?
    - Sapere cosa?
    - Ah, molto probabilmente Lady Chibiusa si è dimenticata di dirvelo… Che peccato, vorrà dire che sarò io a darvi la buona notizia…
    - Fai che non sia quello che credo, o finirai male.
    Michiru fece finta di tremare di paura ridacchiando.
    - Siamo arrivate una settimana fa dalla terra insieme alla seconda generazione dei Soldiers. Vi abbiamo sostituito. Voi, e i vostri carretti colorati ve ne starete buone fino alla prossima navetta, poi arrivederci e grazie. Una bella scrivania, qualche recluta e una vita sulla Terra pensando a noi che saremo famose.
    - E’ solo un incubo e io non mi sono ancora svegliata… - mormorò Rei.
    - Allora abituati a dormire, bella, perché è la verità.
    Rei si alzò a pugni chiusi, ma Makoto la fermò mettendole una mano sul braccio.
    - Non ne vale la pena…
    - Ma…
    Una sirena ruppe il silenzio.
    - L’allarme. Ennesimi Yoma. Ma non si stancano mai? - borbottò Minako. - Dai, andiamo.
    - Dove credete di andare, perdenti? Ci pensiamo noi, come al solito da quando voi siete delle infette…
    - Cosa stai dicendo?
    - Signore! - interruppe Ami alzando la voce. - Per quanto non mi siate simpatiche, e per una volta temo di essere in accordo con Rei, direi di rimandare la vostra prova di forza e di autorità alla fine dell’emergenza. Ora dirigiamoci alla sala controllo.
    A malincuore tutte si trovarono d’accordo, e si diressero velocemente alla sala dove il loro comandante le stava già aspettando.
    - Siamo pronte. - dissero tutte e sei.
    - No, Haruka, Michiru, andate, Hotaru vi sta già aspettando con il Soldier Saturn.
    - E noi?
    - Voi state a guardare, infette… - ridacchiò Haruka mentre la porta del suo ascensore personale si chiudeva..
    - Cos’è questa storia? - chiese Rei voltandosi verso Chibiusa.
    - Quello che vi ho detto. Voi non vi muovete.
    - Motivo? Loro sono più forti di noi, più esperte, più brave?
    - No. Hanno dei Soldiers più potenti. Hanno la seconda generazione.
    - Ma non diciamo stronzate! - sbottò Makoto. - La mia Jupiter potrebbe sollevare qualsiasi cosa senza problema. Seconda generazione un corno.
    - Ordini dal comando centrale. Siete esonerate dal servizio. Ferie pagate a tempo indeterminato. Divertitevi ragazze.
    - Divertitevi? Divertitevi?! A vedere cosa, quelle tre cretine che si fanno ammazzare e fanno ammazzare gli altri? Ma le guardi! A momenti si distruggono da sole. Hanno in mano cose troppo potenti per loro. Non sanno nemmeno andare in bicicletta quelle tre, figurarsi combattere.
    - Per il tempo in cui voi eravate in osservazione se la sono cavata egregiamente…
    - Ah! - ridacchiò arrabbiata Minako. - Questo lo chiama egregiamente. Ma andiamo… Da cosa siamo stati attaccati? Da dei livello sei, poco più che cuccioletti arrabbiati. Quelli sono dei classe quattro…
    - Vedo anche dei classe tre sullo sfondo…
    Lady Chibiusa sbarrò gli occhi alla frase di Ami.
    - Dove?
    - Laggiù. Se magnificate ottimizzando il filtro su dodici e sette dovreste vederli.
    - Postazione cinque. Magnificare settori M e N con filtro dodici e sette.
    L’addetto fece come gli era stato chiesto, e infatti sullo schermo apparvero degli Yoma alti circa tre metri, la metà dei Soldiers di Haruka, Michiru e Hotaru.
    - Non preoccupatevi, infette, ci basterà schiacciarli come delle cimici.
    - Fai poco la spiritosa, Michiru. Quelli sono forti, più delle mezze calzette con cui state avendo dei problemi…
    - E tu vorresti insegnarmi qualcosa, Rei? Figuriamoci. Hotaru, ci pensi tu a loro? La tua Silent Grave dovrebbe essere adatta.
    - Come vuoi. Dammi il tempo di caricare il generatore di campo e faccio una strage…
    - Per adesso quelli che stanno facendo una strage sono gli Yoma… - mormorò la bionda. - A che livello di perdite siamo?
    - Dieci soldati e due mezzi per adesso. - rispose un’addetta vicina a Minako.
    - Non ci credo! - pensò tra sé e sé la donna. - Ne sono morti meno negli ultimi due anni con noi. Ma le contromisure non le usano quelle deficienti?
    - Abbiamo un problema con il generatore di Soldier Saturn. Sembra che stia andando in sovraccarico…
    - Blocca tutto, Hotaru, blocca tutto! - gridò Chibiusa.
    - Solo un momento… Non trovo il comando…
    - Perdio, blocca tutto!
    - Un secondo, ci sono, ecco. Spento.
    - Parametri in ritorno nei limiti.
    - Dilettanti allo sbaraglio… - mormorò cupa Makoto.
    - Alla tua destra, Hotaru, uno Yoma! - la avvertì Michiru, ma troppo tardi.
    Il mostro afferrò un braccio del Soldier e lo strappò come se fosse fatto di cartapesta. La giovane dai capelli neri e corti gridò e svenne dalla paura. La sua servoarmatura da combattimento si accasciò al suolo priva di controlli, un enorme massa di metallo nero e viola senza nessuna utilità.
    - Cazzo! Lo sapevo che era troppo presto per mandarla sul campo! - esclamò Makoto. - Lady Chibiusa!
    - No. Possono cavarsela. Non vi muovete. E’ un ordine!
    - Siamo in ferie, no? Quindi niente ordini. - le rispose Rei, correndo, subito imitata dalle altre tre, agli ascensori che le avrebbero portate alle loro armature da combattimento. - Date loro tutto l’appoggio che potete mentre noi arriviamo.
    - Non potete uscire. I Soldiers sono sotto blocco.
    - Vedremo. - sorrise Makoto mentre la porta si chiudeva.
    Quando Rei arrivò davanti al suo Soldier sentì uno strano calore salirle dal cuore, e sfiorò il metallo rosso della gamba. Quattro pesanti ceppi in lega erano fissati alle caviglie e ai polsi, facendo sembrare Soldier Mars un prigioniero sventrato.
    - Vediamo se hanno fatto del loro meglio, cosa ne dici? - disse Rei, saltando nell'alloggiamento e chiudendo il busto, sigillandosi all'interno.
    I sistemi risposero perfettamente. Tutte le funzioni erano attive, gli indicatori di carica e munizioni segnavano che il Soldier era pronto alla battaglia, ma rimanevano le manette automatizzate. Rei provò a sforzare sui ceppi, prima con una leggera spinta, quindi con tutta la forza dei suoi muscoli e di quelli meccanici, ma senza risultato visibile.
    - Sembrerebbe che l’abbiano pensata bene, eh? - disse sconsolata. - Perfettamente integri, maledizione. Maledizione. Maledizione! - gridò infuriata, sentendo montare una collera come mai prima aveva provato, tornando a sforzare i ceppi, le dita chiuse a pugno come se fosse realmente lei quella che doveva liberarsi.
    Sentiva ogni fibra del suo essere, ogni meccanismo del Soldier fremere sotto la potenza che stava sviluppando, sentì sulla sua pelle il freddo dei ceppi di titanio rinforzato e li desiderò aperti, crepati, distrutti.
    Ci fu un colpo secco nel suo cervello, come qualcosa che si spezzava e si riformava immediatamente dopo, e un dolore indicibile si diffuse nelle sue braccia e nelle sue gambe per un secondo. Chiuse gli occhi mordendosi un labbro per non gridare, quindi respirò a fondo mentre il dolore tornava nei recessi del suo corpo. Si accorse che poteva muovere gli arti del Soldiers liberamente.
    - Rei, cosa diavolo sta succedendo? Cosa hai fatto al sistema di blocco? - chiese allarmata la voce di Lady Chibiusa nell'altoparlante della stanza.
    - Non li avete aperti voi?
    - No di certo. Abbiamo quattro allarmi di malfunzionamento sul monitor. Cosa hai fatto, ti ripeto?
    - Se lo sapessi glielo direi volentieri. Comunque ora sono libera.
    - Torna immediatamente qui. Finché non saprò cosa è successo sei di nuovo in quarantena.
    - Può scordarselo, e glielo sto dicendo nella maniera più gentile possibile. - sorrise la donna, osservando i blocchi. Erano ora una massa fumante di metallo fuso e rossiccio, molle come plastilina. - Ci penserò dopo. Per ora vediamo di fare un po’ di baldoria dopo tutto questo periodo di riposo forzato. - pensò euforica, iniziando a correre verso l’uscita, alla battaglia.
     
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    Capitolo 4

    Minako e Ami arrivarono sul campo di battaglia alcuni minuti dopo le loro amiche, trovandole già impegnate a ribaltare le sorti dello scontro.
    - Solito sistema?
    - Affermativo Minako. Ti sto passando la telemetria della zona. Vedi cosa puoi fare.
    La bionda sgranò gli occhi mentre su uno degli schermi interni del Soldier si formava una mappa dettagliata con alleati, Yoma e caduti.
    - E’ una strage… più della metà sono morti o feriti… Il grosso si sta ritirando, ma quel gruppo nel settore N-3…
    - Già. Sono circondati, e non so quanto tempo ci impiegheranno gli Yoma per accerchiarli totalmente e ucciderli dopo aver rotto la loro difesa. Ho già mandato le notizie più importanti a Rei, ma è troppo lontana e impegnata ad arrivare da Hotaru, mentre Makoto sta dandosi da fare per proteggere i mezzi in ritirata.
    - Gli altri Soldiers? Mi sembrano vicinissimi…
    - Dai dati che ricevo sulle loro potenzialità e su come li stanno usando, direi che è già tanto che non si ammazzino tra loro. – rispose sconsolata la ragazza. – Ma posso fare qualcosa, forse.
    - Cosa intendi dire? – chiese Minako mentre impostava le coordinate ai missili di supporto. Le sue dita volavano leggere sulla tastiera, quasi slegate dai comandi del cervello.
    - Niente… Prima devo controllare una cosa…
    - Se avete finito di fare salotto, che ne dite di darci una mano?
    - Non stiamo facendo… Ah, lascia perdere… Cosa ne pensi di quel gruppo di fanteria circondata?
    - Fammi la domanda di riserva! – gridò la donna mentre con un artiglio squarciava, facendolo diventare polvere, uno Yoma di classe cinque che le si era parato davanti. – Spero solo che possano resistere per altri cinque minuti, poi sono tutta per loro…
    - Il campo è nostro, poppanti! – si intromise Haruka, mentre il suo Soldier si avviava pesantemente verso gli Yoma che stavano accerchiando la decina di soldati quasi ormai alle strette. Alto circa sette metri, era colorato di verde e nero come una tuta mimetica. L’alloggiamento del pilota era nel busto, che ospitava anche diverse armi a media gittata, mentre sia le gambe che le braccia erano dotate di armi per corta distanza come mitragliatrici e un generatore di energia per il fiore all'occhiello della seconda generazione di Soldiers, le armi di energia, lame di plasma solido tenuto assieme da un campo di contenimento ad alta frequenza. Le lunghe gambe dell’Uranus macinavano i metri come nulla fosse, facendo tremare la terra accanto a lei per il peso e la potenza.
    - Così vostro che avete intenzione di restarci, voi e le persone sotto di voi.
    - L’importante è vincere, Makoto cara.
    - Ma vale il prezzo? Questa, se vinciamo, è già una vittoria di Pirro.
    - Intanto vinciamo. Toglietevi di mezzo, voi e i vostri ferrivecchi, ce la caviamo benissimo da sole; siete solo di impiccio. – disse acida la donna. – Michiru, come va con Hotaru?
    - Non bene. Ho perso ogni contatto con il Soldier. L’autoriparazione non è partita, e per quello che ne so potrebbe essersi spento anche il sistema di sopravvivenza. – rispose la donna, seduta comodamente nell'alloggiamento del suo Neptune, leggero e sottile, quasi uno scheletro metallico dotato di potenti armi laser e mitragliatrici di media gittata ad alta velocità. Sulla schiena un cilindro nero indicava il generatore di campo di schermatura, una sorta di semisfera di energia trasparente completamente impenetrabile, adatta alla protezione di truppe e di mezzi, che appariva all'esterno come uno specchio di acqua argentea in continuo movimento.
    - Cazzo! Se perdiamo il Saturn ci spellano vive alla base.
    - Il Saturn? Il Saturn!? – urlò la brunetta mentre iniziava a correre verso il punto dove Hotaru era caduta. Gli Yoma che tentavano di fermarla venivano crivellati di colpi o schiacciati da pugni potenti come bombe. – C’è una ragazza in quel Soldier. Ami, hai dei dati ulteriori?
    - Niente. E’ un pezzo di ferro molto costoso, ma ho ancora una debole emissione di energia. Forse i sistemi vitali di emergenza. Non ho le specifiche esatte. Posso solo ipotizzare, ma con un margine di sicurezza pari al settantacinque e tre percento.
    - Meglio che niente. Rei, sono quasi dietro di te. Ti vengo a dare una mano.
    Improvvise scariche elettriche statiche crepitarono negli auricolari, quindi un urlo soffocato e un’imprecazione.
    - Cosa cavolo… - borbottò Minako.
    - Non ci credo. – disse laconica la proprietaria del Soldier Mercury. – Si è sparata addosso da sola… Non ha disattivato il campo di schermatura totale… Incompetente…
    - Scusa? – chiese Rei artigliando un altro Yoma. Aveva perso il conto di quelli che aveva distrutto, ma ancora maggiore era il numero che avrebbe voluto distruggere.- Lascia perdere. – le consigliò Makoto, poco lontana. – Ci pensiamo dopo. Hotaru è proprio dietro quei due Yoma.
    - Non la vedo bene… Due e grossi, dei livello tre fatti e finiti. Mica facile, ma ci tentiamo comunque, no? Minako, la fanteria?
    - Fuori area. Ho dato fondo alle munizioni per proteggerli.
    - Perdite?
    - Nessuna da dieci minuti. Ho colpito il cento percento dei bersagli.
    - Un record difficilmente battibile. – sorrise la brunetta. - Rei io ti copro con l’artiglieria pesante, tu pensa a farli fuori.
    - Con piacere! – ringhiò sorridendo la donna, un fuoco battagliero negli occhi. – Quando vuoi…
    Il Soldier Jupiter scaricò le mitragliatrici sullo Yoma più vicino, che dava, come l’altro, le spalle alle due, intenti entrambi a colpire ripetutamente l’esoscheletro di Hotaru. L’essere si voltò come infastidito, il cranio allungato senza alcuna fattezza, l’abbozzo deforme di un folle che sembrava fissare cattivo Makoto. Il Mars scattò lanciandosi in aria per un corpo a corpo, ma un possente braccio bloccò la tuta da combattimento che sembrò stridere di rabbia prima di essere sbattuta violentemente sul freddo suolo lunare, facendo ribaltare lo stomaco per il contraccolpo alla sua occupante. Una decina di led si illuminarono contemporaneamente indicando i danni subiti.
    - Rei! – Gridò Minako.
    - Viva e vegeta. E furente.
    - La situazione?
    - Non bellissima. Ho una presunta perdita dal serbatoio di destra, e pesanti danni alla sezione centrale.
    - Fuga di radiazioni letali entro un minuto… - commentò Ami.
    - Vattene!
    - E come, con venti tonnellate addosso?
    - Ti vengo in aiuto.
    - Tu stai dove sei e aiuta i feriti. Il tuo Soldier è l’unico che può farlo. Tieniti pronta per aiutare le persone circondate.
    - A quelle ci penso io. Tu pensa a crepare. – le disse Haruka.
    - Cos'è quel picco di energia che registro, Ami? – chiese la bionda.
    - L’Uranus sta inizializzando il capo di contenimento della sua arma. Dieci secondi all'accensione…
    - Cosa vuoi fare, Haruka?
    - Accoppare quelli Yoma e salvare i soldati.
    - Sei secondi all'accensione. Campo di contenimento instabile… Completamento dell’hackeraggio del programma “Ragged doll” in sette secondi…
    - Cosa stai dicendo, Ami?
    - Percentuale di sopravvivenza fanteria in caso di collasso del campo pari a zero. Collasso probabile al novantasette e otto percento. Due secondi…
    - Spegni, spegni! – gridò Minako in lacrime.
    - Uno… Accensione campo di contenimento e creazione lama di energia in corso.
    Una fiammata apparve nella mano dell’Uranus, coagulandosi in una sorta di sciabola lucente e multicolore.
    - Il campo è stabile. – sorrise Haruka, ma il suo sorriso si spense vedendo tremare la lama, che iniziò a sfaldarsi.
    - Spegni! – ordinò Lady Chibiusa.
    - E’ in sovraccarico. Non risponde ai comandi…
    - Abbandona tutto.
    - Si è bloccato il sistema, sono congelata in questa posizione.
    - Esecuzione programma di controllo remoto “Ragged doll”. Bypassare tutte le sicurezze, gestione totale dall'interfaccia utente Mizuno.
    - Non hai la possibilità di calcolo Ami! Anche se lo hai scaricato, non puoi gestirlo. Il Mercury non può farcela!
    - Vedremo. Esecuzione ora!
    L’esoscheletro blu si bloccò come un uomo colpito al cuore, ma all'interno era attivo, e con lui la proprietaria. La lama di energia tremò, si contorse come un serpente in trappola, quindi si ritirò lentamente nel congegno che fungeva da generatore ed elsa dell’arma-.
    - Ma cosa… - borbottò Haruka, muovendo leve e schiacciando bottoni, tentando di riprendere il controllo della sua tuta da battaglia, ma senza risultato.
    Il Soldier Uranus avanzò di qualche passo, lentamente e pesantemente, come se chi lo governava non fosse in grado di farlo agire correttamente, ma dopo i primi passi la camminata si fece sciolta, finché non fu a pochi metri dagli Yoma, che si voltarono all'unisono come guidati da un richiamo muto. Ci fu un istante di quiete che spaventò tutti i presenti, quindi l’intero branco di mostri si lanciò contro Haruka, che chiuse gli occhi urlando e riparandosi la faccia con le braccia. L’esoscheletro lanciò una salva di missili teleguidati dal petto, quindi ricreò la lama di energia e con movimenti secchi, dosati al millimetro eliminò gli avversari rimasti, ben pochi vista la precisione dei missili.
    - Sconnessa… - mormorò Ami mentre il suo esoscheletro riprendeva vita.
    - Tutto bene?
    - Sonno, Minako. Ho molto sonno… - mormorò prima di svenire, facendo accasciare al suolo anche il suo Soldier.
    - Ami! – gridò Rei, correndo come Makoto vicino alle due amiche.
    - E’ a posto. – la rassicurò la bionda, le sue sonde già all'interno del corpo meccanico. – E’ solo stanchissima, ma tutti i parametri sono nella norma. Deve solo dormire, a lungo anche direi. Ma… - si bloccò. – Gli Yoma, la tua perdita…
    - Niente di che. Sono salva grazie a Makoto e alla forza del suo Jupiter. Ha sollevato e lanciato il suo contro il mio, facendoli poi letteralmente a pezzi con dei pugni ben assestati. Era uno spettacolo vederla. Mi ha permesso di isolare con tranquillità il serbatoio, così non ho avuto problemi.
    - Hotaru come sta?
    - Sempre svenuta ma viva. – rispose Mako. – Ha avuto fortuna. Siamo state tutte fortunate. Ora c’è solo da attendere l’arrivo dei mezzi di soccorso per i due Soldiers che sono andati quasi distrutti e poi dovremo affrontare Lady Chibiusa…
    - Brrr, credo che uno Yoma di livello due sarebbe preferibile…
    - Grazie per il complimento, Rei. Tornate alla base, dovrete rispondere di molte, troppe cose, ma dopo che vi sarete riposate a dovere. Avete salvato molte vite. Grazie…
     
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    Capitolo 5

    - Alla prossima, piccola Jupiter… Sono fiera di te. – pensò Makoto accarezzando la gamba della sua tuta da combattimento, voltandosi dandole le spalle.
    Le dita del Soldier si mossero impercettibilmente come per un saluto, un’ombra di luce nell’intaglio della visiera come un brillio di soddisfazione.
    La brunetta salutò le atre ragazze che si erano fermate a parlottare nel corridoio vicino alle loro stanze, e sentì pochi minuti dopo che anche Minako era rientrata nella sua stanza, che era di fronte all’alloggio che ospitava lei.
    - Ami, come stai? Mi hai fatto preoccupare. – chiese Rei all’amica, mentre si dirigevano anche loro alle rispettive stanze.
    - Bene direi. Ho solo avuto qualche problema a dover gestire tutte le informazioni. Era la prima volta che lo facevamo…
    - Facevamo?
    Ami sorrise e scosse la testa.
    - Lascia perdere. Straparlo. Tu piuttosto, dovresti comunque farti vedere anche se sembrerebbe che non ci siano state fughe di radiazioni. Anche una piccola quantità potrebbe essere molto pericolosa…
    - Sono sana come un pesce e vispa come… come…
    - Come una morta! – urlò una voce dietro di lei, colpendola pesantemente alla schiena, tra le scapole, con le mani intrecciate a pugno.
    Rei cadde a terra, ma si voltò subito. la rabbia le si leggeva chiaramente in viso.
    - Haruka! Perché non sono sorpresa? Ti hanno tirato fuori dalla scatoletta in cui ti eri ficcata? – la derise.
    - Ridi, ridi. Vedremo se riderai ancora dopo che ti avrò conciato per le feste, e questa bastardella con te. Mi avete umiliata, mi avete rovinato la scena, sarò lo zimbello della base per secoli.
    - Tranquilla, fra cinque minuti non dovrai preoccuparti più di nulla… - ringhiò la donna dai capelli neri, piegando le mani ad artiglio, come se indossasse ancora il suo esoscheletro.
    - Rei, non…
    - Zitta, tu! – esclamò la bionda gettando la testa di Ami violentemente contro la parete del corridoio. Il suo corpo scivolò a terra esanime mentre una striscia di sangue macchiava la parete. Una delle persone presenti emise un grido di orrore e si allontanò spaventata, mentre un’altra iniziò a correre verso il locale dove erano di stanza le guardie. – Ti piace la guerra, eh? Ti piace combattere, eh? Scommetto che ti piace l’odore del sangue, il dolore degli altri. Vediamo se ti piace il tuo.
    Haruka estrasse da dietro la schiena una pistola ed esplose tre colpi prima di far cadere a terra l’arma e scappare.
    - Hanno sparato!
    - Ci attaccano!
    - Forse è un’esercitazione?
    - No, guarda, perde sangue. Anche l’altra! Chiamate qualcuno, chiamate un dottore! – gridarono i presenti.
    Richiamate dal trambusto creatosi, Makoto e Minako uscirono dalle loro stanze, correndo verso il corridoio poco lontano. Alla vista della scena rimasero impietrite.
    - Rei… Rei è… - balbettò la bionda.
    - No, non ancora, ma è grave. Due proiettili hanno colpito la pancia, di cui uno non è uscito. Un altro ha perforato il polmone destro da parte a parte. – rispose Mako, china sulla donna, una piccola pozza di sangue attorno a lei.
    - Non puoi morire, non puoi… Non te lo permetto… - bisbigliò Minako, chiudendo gli occhi per trattenere le lacrime. Sentì dei lancinanti dolori alla schiena e fece per riaprire gli occhi ma qualcosa la bloccò. Le grida confuse delle persone che si ammassavano e correvano, sospiravano e urlavano senza però essere utili si fusero in un brusio di sottofondo, del grigio rumore che si perse nei suoi battiti del cuore, l’unica cosa che poteva sentire, assieme a quelli dell’amica ferita, fievoli e veloci come una mitragliatrice che si inceppava ogni cinque, sei colpi, saltando una pulsazione. Ogni fibra del suo essere, ogni cellula stava soffrendo con Rei, era come se il dolore fosse condiviso, e quindi più sopportabile, ma nel suo cervello si amplificò, aumentando ad ogni battito, riverberato dalle pareti luminescenti del suo cervello con esplosioni di colori che le accecarono l’anima, finché il dolore non scomparve improvvisamente, come se non fosse mai esistito, e con esso si affievolì e sparì anche il formicolio doloroso alla schiena. Riaprì gli occhi, sospirando di sollievo, fissò quelli di Rei, che si era rialzata, perfettamente guarita.
    - Mi… Minako… - balbettò Makoto.
    - Cosa è successo?
    - Tu lo chiedi? Non sono certo io quella che ha tirato fuori, cioè, ha… Come dire… Quelle cose luminose dietro la schiena…
    - Mako, si può sapere cosa stai dicendo? – chiese avanzando di un passo.
    Tutti i presenti fecero un passo indietro, come per mantenere una distanza costante da lei.
    Il corridoio si riempì di soldati, le armi in pugno e puntate alle ragazze.
    - Mani bene in vista e niente scherzi, signore…
    - Addirittura le armi? – disse Rei.
    - Dobbiamo parlare.
    - Lady Chibiusa! – esclamò Makoto, voltandosi verso la direzione in cui la donna era comparsa. – Cosa significa questo? Non sospetterete di noi per gli spari?
    - No. La videocamera ha ripreso tutto. Sappiamo chi è stato.
    - Quella pazza bastarda di Haruka. – ringhiò Rei.
    - Esatto. Comunque non è per quello che ho ordinato la procedura di contenimento per voi. Non so che cosa siate esattamente diventate, ma intendo scoprirlo, che voi lo vogliate o meno.
    - Che diavolo sta dicendo? – chiese agitata la bionda.
    - Si sta riferendo ai Desideri, un nome in codice più che appropriato per quello che sono realmente, vero Lady Chiusa?
    - Ami, ma la ferita.
    - Nulla di grave. Qualche danno a dei sistemi secondari. Ne ha subito solo l’aspetto estetico.
    - Tu sai di cosa sto parlando?
    - In parte. Ho potuto dedurre alcune cose, altre le ho acquisite scaricando i dati durante la battaglia.
    - Ma sono informazioni riservate!
    - Come il vostro programma “Ragged doll”. Scommetto che Haruka, Michiru e Hotaru non lo sanno, vero?
    - Di che cosa diavolo state parlando?!
    - Makoto e le altre sono abbastanza scosse. Consiglio di spostarci in un luogo meno accessibile per parlare con tranquillità, se è quello che vuole fare. Non le consiglio di tentare di eliminarci, non ci riuscirebbe.
    - E’ una minaccia? – mormorò Lady Chibiusa sollevando un sopracciglio.
    - No. Solo una constatazione. Consiglio la sala di quarantena due. Dal circuito interno vedo che l’avete già attrezzata.
    - Sei collegata…
    - No. Non io. Ora andiamo.
    I soldati abbassarono spontaneamente le armi, spaventati dalla sicurezza di Ami e dallo strappo lungo la schiena del vestito di Minako. Le quattro arrivarono nella stanza e volontariamente, su consiglio della giovane dai capelli azzurri, si fecero chiudere dentro.
    - E ora?
    - Aspettiamo, Rei.
    - Tu sai cosa ci è successo?
    - Non del tutto. So vagamente cosa ci ha contaminato, cosa ci sta trasformando, e posso dedurre dai dati in mio possesso cosa potrei diventare… scusa, cosa potremmo diventare.
    - E’ la seconda volta che parli al plurale. Tu e chi?
    - Il mio Soldier.
    - Ami, sei sicura che la botta alla testa non ti abbia fatto male davvero? Secondo me straparli.
    - Se fosse vero, come te lo spieghi lo strappo nel tuo vestito, o il fatto che i ceppi di blocco del Mars si siano fusi, quelli dello Jupiter spezzati e i miei e i tuoi aperti grazie a me? E la guarigione di Rei? E… Questo?
    Ami si passò la mano sulla fronte, dove era stata colpita, rivelando che la pelle era sì leggermente strappata, ma non mostrava sangue, solo delle tracce secche e una superficie liscia e lucida, metallica.
    - Diomio!
    - Ma cosa sei?
    - Effettivamente una domanda interessante, ma la cambierei in cosa siete. – esclamò Lady Chibiusa. Accanto a lei era presente anche la dottoressa Setsuna e la sua assistente Luna.
    - Intende dire che anche noi… come lei… Intendo dire, il metallo… - bofonchiò Minako.
    - No. Ognuno di voi diventerà qualcosa di diverso, qualcosa che rappresenterà le vostre passioni più profonde. – spiegò la dottoressa. – Quello che non capisco è perché siate vive.
    - Sembra quasi dispiaciuta… - disse ironica Makoto.
    - No, assolutamente. Semplicemente non mi aspettavo una cosa del genere. L’ultima volta che abbiamo fatto un test è… Beh, è andato male, molto male.
    - Non siamo comunque qui per discutere cosa è successo allora, ma quello che succederà ora. Direi che i primi poteri si sono sviluppati, quindi nel caso di Ami è iniziata anche la trasformazione vera e propria, come previsto nella teoria.
    - E noi?
    - Non lo so. Sembrerebbe però che il fatto che siate state infettate mentre eravate nei Soldiers ha contribuito in maniera fondamentale a salvarvi, trasformando in qualche modo anche loro. Ora dovrete rimanere in isolamento finché non saremo sicuri che non diventerete qualcosa di pericoloso.
    - E poi? – chiese Rei, nervosa.
    - Lo vedremo. – rispose Lady Chibiusa.
    - I Soldiers? La mia bambina Jupiter? Cosa ne sarà di loro?
    - Saranno tenuti in officina, guardati a vista. Nessuno farà nulla su di loro se non per l’ordinaria manutenzione. Non ti preoccupare.
    - Dire che quelle che si devono preoccupare siete voi. Se il mio Mars lo toccate solo con un dito di troppo… - ringhiò Rei, arcuando le dita come se fossero artigli. Le sue unghie si allungarono e si appuntirono, assumendo l’aspetto di acuminate lame di metallo.
    - Rei… - mormorò inorridita Minako.
    - Cazzo! – urlò lei, mentre le sue dita tornavano normali. – Cosa diavolo…
    - I Desideri…
    - Ma cosa diavolo sono, Ami?
    - Naniti.
    - Nanetti?
    - No, Minako. Naniti. Cellule tecnologiche, robot così piccoli da poter manipolare le singole molecole di un oggetto. Ognuno dotato di un’intelligenza di una calcolatrice tascabile, ma considerane milioni, miliardi che sono collegati tra loro, e otterrai qualcosa che è difficile anche immaginare.
    - Non sapevate nemmeno voi cosa stavate creando, vero dottoressa Setsuna?
    - In teoria era tutto perfetto Ami. I miei calcoli erano precisi fino all’ennesima cifra decimale.
    - Non direi, o altrimenti sapreste benissimo cosa ci sta succedendo, e lo avreste già sfruttato a vostro vantaggio anni fa. La domanda è se sopravvivremo al processo.
    - E’ ormai ad una fase avanzata. Sono sicura che ce la farete.
    - E poi? Che cosa diventeremo ci permetterà ancora di avere una vita normale? C’è chi ha lasciato marito e figli sulla Terra. – mormorò Makoto.
    Lady Chibiusa abbassò lo sguardo.
    - Quella faccia non mi piace. Che cosa ci sta ancora nascondendo? Non so come ho fatto a creare gli artigli, ma credo che potrei riuscirci di nuovo se non mi risponde.
    - Secondo il protocollo apposito per i Desideri, i soggetti contagiati sono considerati morti, mettendo in moto il normale iter per i morti in battaglia con onore.
    - Cosa?! – gridò Makoto. – Voi siete matti. Avete detto a mio marito e a mio figlio che sono morta? Fatemi immediatamente uscire da qui. Ora.
    - Non credo sia possibile. – rispose pacata la donna dai capelli rosa.
    - Vedremo. – esclamò la bruna, lanciandosi contro la porta con tutta la sua forza.
    Il metallo, spesso quasi tre centimetri si piegò sotto l’urto, ma resistette. Immediatamente Rei e Ami si lanciarono sull’amica per fermarla, e solo con molta fatica la bloccarono prima che potesse rompere del tutto la porta. I punti di lei che avevano colpito il metallo erano stranamente scuri e rigidi, come se si fosse formata una sorta di corazza naturale che rientrò nel suo corpo nel giro di pochi secondi.
    - Come lo spiegheresti questo a tuo marito?
    - Ami, tu non capisci… - singhiozzò lei.
    - Forse, ma prima dobbiamo capire cosa sarà di noi. Rivedrai la tua famiglia, te lo prometto. Dottoressa Setsuna, faccia i suoi esami, alla svelta.
     
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    Capitolo 6

    Un mese era passato dal giorno in cui i poteri dei Desideri si erano manifestati nella loro prima, seppure grezza ma spettacolare, forma. Ami, Rei, Makoto e Minako si erano ormai abituate agli sguardi strani che ricevevano quando giravano nella base, ormai libere dalla quarantena che la dottoressa Setsuna aveva imposto e che loro avevano accettato, seppure non di buon grado
    - Certo essere viste come se fossimo degli scherzi della natura non mi piace molto.
    - Non piace nemmeno a me, Rei, ma stai calma. Lo sai che cosa combini appena solo ti innervosisci. – rispose Minako.
    Entrambe indossavano la loro tuta da combattimento, sebbene con alcune modifiche. La bionda aveva la schiena completamente scoperta, lasciando intravedere quando i capelli ondeggiavano da una parte all’altra alcuni fori scuri che sembravano ferite aperte e mai richiuse. Rei era vestita con la sua tuta rossa senza maniche, le gambe scoperte da appena sopra il ginocchio, i piedi nudi.
    - Già, già. Non me lo ricordare. Sei sicura che Ami ci voglia vedere nella sua stanza? Di solito la troviamo sempre al centro di controllo, intenta a trafficare con i dati e con i programmi.
    - Sicurissima. Ecco, siamo arrivate.
    La porta si aprì un istante prima che bussassero. Entrarono, vedendo che Makoto era già arrivata. Come loro anche lei indossava la tuta da combattimento, un modello realizzato con robuste fibre polimeriche che normalmente formavano i corpetti antiproiettile della fanteria. Era un materiale rigido e pesante, ma la donna sembrava non accorgersene. L’unica che non indossava nulla era Ami. La ragazza aveva ormai da giorni abbandonato il concetto di vestito, considerando che per uscire dalla sua stanza aveva bisogno di coprirsi con una speciale tuta che simulasse il suo vecchio corpo, o meglio la sua vecchia pelle.
    - Ciao a tutte.
    - Ciao Minako. Ciao Rei.
    - Ben arrivate. Vi stavamo aspettando. – disse quasi senza intonazione la voce debolmente metallica di Ami.
    - Ma almeno la pelle non potresti tenerla?
    - Rei, ho il diritto di mettermi a mio agio nella mia stanza. Almeno tra di noi vorrei poter essere ciò che sono.
    - Rimane il fatto che mi fai impressione…
    La giovane si alzò dalla sedia vicino alla scrivania. Il suo corpo si era trasformato in un ammasso di cavi elettrici, servomotori e fibre ottiche collegate con circuiti e altro, rendendola un androide a tutti gli effetti, sebbene dotato di coscienza e di anima, oltre che di una capacità di calcolo praticamente illimitata. Grazie alle connessioni che aveva creato e manteneva sempre con il Mercury, Ami era la base in quel momento. Nulla di ciò che succedeva le sfuggiva, nulla di quello che si diceva o si faceva sfuggiva ai mille occhi e orecchie che erano sparse nella struttura. Due lenti azzurre incastonate nelle telecamere che avevano sostituito i suoi occhi brillarono debolmente sotto la luce del neon della camera, mettendo a fuoco il volto di Rei.
    - Anche tu, quando squarci a mani nude i droidi da addestramento non sei proprio quello che si dice un’opera d’arte.
    - Va bene, va bene, ho capito. Quello che non capisco è il motivo della riunione che hai indetto.
    - Ve lo spiego subito. Recuperando informazioni nei database della struttura mi sono imbattuta in uno strano collegamento che nessuno conosceva o utilizzava. Mi ci sono voluti vari giorni per ristabilirlo e ricostruire parti del software che era collegato. E’ stato interessante ricalcolare la matrice degli indirizzi fisici considerando che parte del processore principale era andata a massa e…
    - Torna alle informazioni. – la bloccò con un sorriso Makoto.
    - Affermativo. Le informazioni. Il collegamento portava a un disco rigido appartenente al computer della vecchia base, quella dove abbiamo combattuto e ci siamo infettate.
    - Quello che hai trovato riguarda i Desideri? Una cura?
    - Negativo, Mako. Non una cura, ma qualcosa che forse ci permetterà di finire la guerra con gli Yoma. Le probabilità sono in calcolo in questo momento, ma le condizioni al contorno sono instabili, devo ricominciare ogni volta che una delle variabili in gioco viene cambiata. Posso ipotizzare che comunque il risultato sia superiore al cinquanta percento.
    - Sarebbe un miracolo.
    - Affermativo. Ma attente, dovremo combattere contro degli esseri umani.
    - Scusa? Cosa c’entrano gli uomini con gli Yoma?
    - Siamo stati noi a crearli, o meglio, sono stati i Desideri a creare il loro padrone.
    - Spiegati meglio. – le chiese Rei, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e sporgendosi in avanti, attenta.
    - Dieci anni fa, quando ancora questa base non esisteva, ma era presente solo la vecchia ora abbandonata, un gruppo di ricercatori tentò di creare una nuova arma biotecnologia, che sarebbe stata in grado di trasformare un uomo in un esercito. In quel modo quel gruppo avrebbe permesso al nostro governo di avere un deterrente molto potente verso le altre superpotenze, ferme alle armi convenzionali. Tutto sembrava andare per il verso giusto, gli esperimenti sugli animali e le simulazioni avevano dato esito positivo, e si doveva solo passare alla sperimentazione sugli uomini. Erano state create due copie dell’arma biotecnologia, nome in codice Desiderio…
    - Gli stessi che…
    - Esatto Minako. Noi siamo state infettate da uno dei due campioni di naniti.
    - E l’altro, dove si trova l’altro? – chiese la bruna.
    - L’altro ha dato origine all’esplosione che ha distrutto la base.
    - Quella che ha ucciso i miei genitori e mio nonno. Erano entrambi membri del gruppo di vigilanza della base, mentre lui era un ricercatore. Sono morti per il primo grande attacco degli Yoma.
    - Inesatto. Sono morti nello scoppio provocato da uno dei soggetti infettati sfuggito al controllo. I due soggetti dell’esperimento ufficialmente sono morti, ma dai dati in mio possesso e dal diario di Lady Chibiusa e della dottoressa Setsuna, direi che la verità è ben altra, e molto più mostruosa della morte di due persone.
    - Ovvero? – chiesero le tre donne.
    - I due sopravvissero, in qualche modo, all’inoculazione dei naniti, e si trasformarono quasi immediatamente, seguendo i sogni più nascosti di entrambi. Uno dei due distrusse la base con il pensiero, e scappò con l’altra cavia. Con il tempo questi creò gli Yoma, e ora li governa con l’idea di uccidere tutti quelli che lo hanno reso quello che è ora.
    - E l’altro? Intendo dire l’altro infettato dai Desideri? – chiese Rei.
    - Non ne so nulla. So solo che dopo il fallimento dell’esperimento e le sue conseguenze, il governo abbandonò la via della manipolazione genetica tramite naniti e spese immense fortune nella progettazione e realizzazione dei Soldiers, che vennero subito utili nella guerra agli Yoma. Il primo è l’attuale Soldier Mars, prima Soldier Moon Pi. Pilota, Lady Usagi Chibiusa Tzukino.
    - Quindi tu stai dicendo che se vogliamo finire la guerra, dobbiamo trovare questi due Desideri e mettere fine alla loro esistenza?
    - Affermativo Minako.
    - Ma è folle! Noi siamo state addestrate a proteggere la vita degli umani, non per distruggerla. Come puoi pensare che io possa uccidere un uomo?
    - Ragioni su piccoli numeri. Sui grandi numeri è una perdita insignificante rispetto alle vite umane che si possono salvare.
    - E chi sono io per decidere se la sua vita è più importante di quella di un altro? Finché si tratta di distruggere degli Yoma o smontare dei mezzi meccanici non mi faccio problemi, ma questo.
    - Cosa dobbiamo fare?
    - Rei!
    - Minako, se non vuoi essere della partita, non esserlo, ma non puoi impedirmi di agire come credo. Se uccidere due persone fermerà la guerra, ebbene saranno le mie mani ad ucciderli, se necessario. E poi, credi che menti che possono creare gli Yoma siano ancora umane?
    - Ammetto di farmi schifo, ma Rei ha ragione. Anche io sono della partita. Ditemi cosa dobbiamo fare. – Sospirò Makoto.
    - Dopo. Ora abbiamo un problema più importante. Una delle telecamere esterne ha ripreso un attacco massiccio di Yoma di livello quattro e tre, in avvicinamento. Sono già state avvertite Michiru e Hotaru, ma credo che questa volta dovremo entrare in azione anche noi.
    - Finalmente posso menare qualcuno che non sia un robottino. Senza offesa, Ami.
    - Senza offesa, Rei. Sto già rimuovendo i blocchi ai nostri Soldiers, ma credo che Lady Chibiusa non sarà molto contenta.
    - E’ un problema suo. – sorrise la donna uscendo correndo dalla stanza, diretta al suo esoscheletro.
    - Non è cambiata, al più è peggiorata. – ridacchiò Makoto, uscendo anche lei assieme alle altre due amiche.
    La donna dai capelli rosa era su tutte le furie, e non si preoccupava di nasconderlo in nessun modo.
    - Rei, ti ho già detto che non potete uscire. Siete ancora sotto osservazione!
    - Osservazione? Osservazione?! – gridò l’altra, le sue mani già trasformate in artigli, così come le unghie dei piedi. – Te la do io l’osservazione.
    - Lady Chibiusa, per quanto i metodi di Rei siano esecrabili, concordo con la sua idea di fondo che senza di noi e con un attacco del genere la base è spacciata. Michiru e Hotaru sono migliorate molto, ma sono insufficienti.
    - Ami, ti prego, non ti ci mettere anche tu…
    - Sto solo dandole un’analisi accurata e veritiera. E’ molto improbabile una nostra vittoria senza l’intervento diretto dei Desideri.
    - Rischierò.
    - Ma io no, né voglio rischiare la vita di innocenti.
    - Sono soldati, Minako, rischiare la vita è il loro mestiere.
    - Al diavolo, abbiamo già parlato troppo! Io vado, e se provate a fermarvi saranno solo cazzi vostri. – esclamò Rei lanciandosi nell’ascensore che l’avrebbe portata al suo Mars, subito imitata dalle altre.
    - Non potete, ve lo proibisco. Le guardie…
    - Le faccia togliere, le conviene… - sorrise Makoto mentre la porta del suo ascensore si chiudeva. Quando si riaprì, la brunetta sospirò sconsolata. – Non mi ha dato retta. – mormorò vedendo che due guardie con i fucili puntati verso di lei le stavano impedendo il passaggio alla porta del deposito del Soldier Jupiter.
    - Ferma. Non è consentito passare.
    - Stai scherzando, vero? Metti giù quel fucile prima che ti faccia male.
    - Comandante Kino, le ho detto di fermarsi, Un altro passo e spareremo.
    - Tentaci, ma prega di essere fortunato. – sorrise lei avanzando ancora.
    I mitragliatori crepitarono proiettili, ma nessuno riuscì a perforare la spessa corazza organica che si creò immediatamente su tutto il corpo della donna, trasformandola in una sorta di essere dalle fattezze femminili marrone scuro con venature nere. Le mani di Mako afferrarono una delle due armi e si strinsero su di essa, piegando il metallo e distruggendo i meccanismi interni, mettendola fuori uso. L’altro soldato cessò il fuoco, osservandola con occhi sbarrati.
    - Omio…
    - Vattene. Jupiter non è dell’umore giusto, dopo quello che mi avete fatto. - Dalla porta alle sue spalle provenne un colpo pesante, e le lamiere della stessa si piegarono verso di lui, facendolo scappare. Un altro colpo e la porta cedette, mentre una mano metallica verniciata di verde scuro avanzava verso la donna, che sorrise. – Ciao piccola. Ti sono mancata, vero? Ora credo che sia il momento per entrambe di fare un po’ di moto. Tu che ne dici?
    L’esoscheletro annuì, avviandosi con la proprietaria verso la battaglia.
     
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    Capitolo 7

    - Ma i rinforzi quanto ci mettono ad arrivare? – urlò nella radio della tuta il sergente, iniziando a sparare contro uno Yoma di livello cinque che si stava avvicinando.
    Il mostro concluse la sua corsa a pochi centimetri dallo scarpone del militare, e iniziò a disgregarsi.
    - Siamo arrivate. Scusate il ritardo. Ora tirate fuori i pop corns e le bibite e godetevi lo spettacolo… - disse una voce alle sue spalle.
    - Cosa? – si voltò, rimanendo impietrito di fronte alla proprietaria della voce.
    Rei era in piedi accanto a lui, senza alcuna protezione all’infuori della succinta tuta. Sia le gambe che le braccia erano mutate in lunghi arti dotati di lunghe e taglienti lame al posto delle unghie. Le gambe avevano sviluppato una sorta di terza giuntura che le facevano assomigliare alle zampe di animali da preda. Anche il suo volto era mutato, dotandola di occhi neri e senza pupille, la bocca poco più che una fessura da cui spuntavano i lunghi canini superiori.
    - Beh, mai visto il tuo comandante, soldato?
    - Francamente no, signore. Non mi aspettavo che lei potesse entrare in battaglia senza… senza il suo Soldier.
    - E chi lo dice? Mars è già in azione. Laggiù. Ora voi ritiratevi tranquillamente, al resto ci pensiamo noi. - L’uomo voltò lo sguardo verso il punto indicato dall’acuminato e tagliente artiglio che era il dito indice di Rei, e vide quello che poteva solo essere la versione meccanica di un enorme lupo rosso saltare a destra e a sinistra ringhiando e squarciando con i denti del muso i suoi nemici. – Lo so, è cambiato un attimino, ma le assicuro che sa ancora fare il suo dovere. Ora, se mi scusa, entro anche io in scena.
    Senza aspettare risposta, la donna si lanciò con una velocità fulminea lontano dai soldati, che la osservarono esterrefatti spostarsi da una roccia all’altra della superficie lunare con enormi e poderosi balzi.
    - Avete sentito il comandante Hino? Ritirata ordinata, ci pensano loro a coprirci le spalle! Avanti!
    Il plotone, composto da un centinaio di uomini e da una decina di mezzi meccanici di supporto e di offesa si mosse, iniziando la lenta marcia verso la base, attento ai nemici ancora presenti sul campo. Uno di essi, uno Yoma di livello tre, riuscì a sfuggire al fuoco di sbarramento e si avventò deciso su uno dei mezzi di trasporto truppe, ribaltandolo come se fosse un giocattolo.
    - Siamo spacciati! – gridò uno dei soldati all’interno, vedendo la parete di metallo rinforzato cedere come se fosse stata di carta sotto i colpi del mostro.
    - Forse no. - disse la voce di Makoto, atterrando con il suo Soldier proprio alle spalle del mostro e afferrandolo con le potenti braccia dell’esoscheletro. Con un movimento che denotava quanto leggero fosse per lei il peso dello Yoma, lo staccò dal mezzo e lo fece volare in aria, dove alcuni colpi della sua mitragliatrice lo ridussero in polvere che ricadde lentamente sul terreno. – Ecco fatto. Feriti?
    - Solo uno, non grave, l’autista in seconda. E un mezzo inutilizzabile.
    - Minako, ci pensi tu?
    - Vai pure, o Rei dirà che ha fatto tutto lei. – rispose la bionda, che stava volando sopra la zona sul suo Venus, ancora più simile a lei dopo la trasformazione, ora adornato con una lunga chioma di fibre ottiche luminescenti e di ali di energia giallastra che si trasformarono in tentacoli di pura luce quando scese a terra accanto al mezzo. Con un piccolo sforzo rimise il mezzo sui cingoli, poiché il colpo dello Yoma lo aveva spinto su un fianco, quindi l’esoscheletro sembrò sorridere, e due dei vari tentacoli si mossero fulminei sulla parete danneggiata, ricostruendola, quasi rigenerandola. Il motore si rimise in moto, e con esso tutte le funzionalità del mezzo.
    - Incredibile… - mormorarono i soldati.
    - Dov’è il ferito? – chiese la ragazza, aprendo il suo esoscheletro da combattimento e saltando sul freddo terreno lunare. Come le altre amiche sembrava non aver bisogno di respirare o di proteggersi dal gelo siderale. Tutti notarono come anche sulla schiena della giovane ci fossero dei tentacoli luminescenti che si muovevano come leggiadre catene mosse dal vento.
    - E’ in cabina. Ha una brutta ferita alla testa, ma niente di mortale. Possiamo curarlo anche in ospedale una volta raggiunta la base.
    - Certamente, ma direi che visto che ci sono, tanto vale che lo faccia io. In più eviterà una cicatrice. – sorrise Minako, lanciando due dei tentacoli nel mezzo, quindi chiudendo gli occhi come per concentrarsi. – Ah, effettivamente hai una bella botta, ragazzo mio, ma nulla di irreparabile.
    - Lo sta visitando da qui?
    - Sì. Non ho bisogno di toccarlo di vederlo, ci pensano le mie… Beh, queste cose. Sto risistemando i tessuti e l’osso, che si era leggermente incrinato. Un tocco alla pelle. Ecco, si sta cicatrizzando, grazie ai miei naniti che stanno ricostruendo le cellule molecola per molecola come ho fatto con la parete della camionetta. – Aprì gli occhi, mentre i tentacoli si ritiravano, tornando ad essere poco più lunghi che le braccia della donna, creando una sorta di aura attorno a lei. – Ho finito. Ora Ami vi darà una mano con la sua cortina fumogena, e potrete tornare alla base senza problemi.
    - Grazie, siete davvero straordinarie.
    - Dovere. Ora vi devo lasciare, altri hanno bisogno di noi. – sorrise nuovamente la bionda, ritornando nel suo Soldier che ripartì in volo. – Ami, la situazione?
    - In elaborazione. Percentuale di fallimento dell’operazione, venticinque percento. Incremento delle potenzialità offensive e difensive dato dai Desideri, duecento percento. Perdite umane zero. Perdite meccaniche zero. Percentuale di fallimento dell’operazione, venti percento, in diminuzione secondo una curva di secondo livello.
    - Bene, decisamente bene. Rei, hai finito di giocare, tu e il tuo cucciolo?
    - Naaa, ci stiamo solo scaldando. Come vanno le due poppanti?
    - Michiru e Hotaru? Sembrerebbe bene. Almeno adesso non si sparano addosso subito… - ridacchiò Minako.
    - Non essere cattiva. – la rimproverò la bruna mentre schiantava con un pugno un nemico. – Ahi ragazze, pericolo in vista. Un gruppo di Yoma di livello due a ore tre rispetto a me.
    - Affermativo. Analisi del nemico in corso. Attendere… Dati non coincidenti con database esistente. Rimodellamento database con nuove informazioni. Database in ripristino. Estrapolazione curve di potenza Yoma esaminati. Calcolo completato. Attenzione, errore di parametri. Yoma non atti al combattimento.
    - Cosa stai dicendo? Che esistono Yoma pacifici?
    - Affermativo Rei. Non si riscontra nessun tipo di armamento offensivo o struttura difensiva superiore al livello tre.
    - Praticamente niente. Carne da cannone di livello due? Non ci credo.
    - Non piace nemmeno a me. Cosa faccio, li attacco?
    - Aspetta Mako. Se sono solo dei cucciolini troppo cresciuti ci vuole un attimo a farli fuori. – mormorò Rei, che stava accarezzando con i suoi artigli il fianco di Mars, che ringhiava con il rumore di un motore a reazione, un sottile filo di olio minerale colava come bava dai lucidi denti di titanio. – Buono piccolo, ti sei divertito per oggi. Stai tranquillo. Per ora.
    I quattro esseri, alti poco più di sei metri non si spostarono dal loro cammino nemmeno quando si trovarono di fronte la lama di energia della Silent Grave di Hotaru.
    - Lascia stare, piccola. Sono strani, lasciali stare… - la avvisò Minako, mentre i tentacoli del suo Soldier iniziavano a tremare lentamente, come in allerta.
    - Non prendono ordini da una sorta di mostro! – rispose stizzita la ragazza, colpendo in pieno uno dei mostri.
    La lama attraversò l’essere come se fosse burro fuso, ma con sorpresa di tutti i presenti il corpo dello Yoma semplicemente si rigenerò come se nulla fosse successo, e i quattro proseguirono il loro cammino scansando il Saturn come se fosse solo una fastidiosa mosca, lasciando interdetta la ragazza dai lisci capelli neri a caschetto.
    - Questa poi. Ma dove sono diretti?
    - Probabile punto di arrivo. Di fronte a noi. Probabilità settantadue e otto percento. Motivo. Nessun dato congruente.
    - Io li attacco a muso duro!
    - Ma sei impazzita? Ha visto cosa è successo con la lama di energia del Saturn, Rei?
    - Beh, io con le mani in mano non ci sto, e ho atteso fin troppo. Sono Yoma, quindi vanno distrutti. Vai Mars, stasera si mangia coscia di Yoma. – ridacchiò la donna lanciandosi al fianco del lupo meccanico. Giunti a pochi metri dalle quattro figure nere, i due si fermarono come se avessero perso tutto il loro impeto, e il Mars si accucciò.
    - Rei? – chiese Makoto.
    - Questo è pazzesco…
    - Cosa, cosa è pazzesco?
    - Vieni qui. O sono impazzita o sono impazzita.
    - E’ andata… Ragazze, io mi avvicino. Minako, tieniti pronta in caso.
    - Vediamo di non testare le mie capacità, eh?
    - Analisi in corso. Si registra un’anomala emissione di energia da parte dei quattro soggetti dell’analisi. Onde radio ed elettromagnetiche. Scopo. Emissione immagini e suoni sulla retina tramite eccitazione centri nervosi principali e secondari della corteccia superiore. Adattamento e registrazione su supporto stabile del messaggio in corso… - parlò a sé stessa Ami, quindi il suo volto metallico sorrise. – Dio, quanto è bella…
     
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    Capitolo 8

    Le quattro ragazze erano sedute su un grosso masso coperto di sottile polvere giallastra, la polvere che ricopriva l’intera Luna. I quattro Soldiers erano poco lontano, apparentemente spenti costrutti metallici.
    - Cosa ne pensate? - chiese Rei, facendo sollevare piccole scintille dalla pietra mentre veniva grattata con noncuranza dal suo artiglio.
    - Non lo so… - mormorò Makoto, ad occhi bassi. - Ami?
    - Negativo. Dati insufficienti per una conclusione stabile. Sto analizzando in background il video registrato, ma non riesco a capire cosa possa voler dire questo messaggio.
    - Un aiuto… Ma una richiesta di aiuto da parte di chi?
    - E soprattutto, Minako, perché dopo averci chiesto di aiutarla gli Yoma ci hanno attaccato, sviluppando poteri e armi che prima non avevano?
    - O che non avevo rilevato. Magari le stavano nascondendo molto bene…
    - Eppure io mi fido. Mi fido della sua voce e del suo volto. Qualcosa in lei mi ha ispirato fiducia…
    - Ci vuole un po’ di più che un po’ di fiducia, Mako, per fare quello che ci ha chiesto. Considerando che Lady Chibiusa non ne sarà contenta…
    - E quando mai lo è, Rei? - ridacchiò Minako.
    - Effettivamente…
    - Rimane il fatto che non possiamo stare qui tutto il giorno. Credo che ci stiano cercando.
    - Comunque non qui. Siamo molto oltre il limite di sicurezza della base. Se vengono a cercarci qui, sono dei pazzi…
    - Sentite, e se andassimo a controllare? Consideriamo pure che sia una trappola, almeno ci toglieremo il pensiero… - esclamò Makoto, alzandosi.
    Immediatamente lo Jupiter, ormai simile a un grosso gorilla verdastro, le massicce mani chiuse a pugno ad appoggiare sul terreno oltre alle gambe, tozze, si mosse di alcuni passi verso di lei. Il Mars voltò il muso sollevando le triangolari orecchie da lupo.
    - Io ci sto. Stare ferma qui non mi diverte. Minako, Ami, siete della partita?
    - Potrei dirti di no? L’alternativa è che vi facciate ammazzare… - sospirò la bionda.
    - Probabilità che sia una trappola e che non lo sia uguali. Assoluta indecisione sull’azione da intraprendere. Altre informazioni sono necessarie per decidere. Possibile fonte di informazioni ricognizione in loco. Vengo anche io.
    - Brava Ami. Ognuna al suo Soldiers e si va… - ghignò Rei, saltando con le lunghe gambe da una roccia all’altra fino al suo compagno meccanico.
    Minako aspettò che il Venus arrivasse e aprisse il suo busto per entrare nell’esoscheletro, così come Ami entrò nel Mercury dopo che l’enorme ragno scuro si rimodellò velocemente nella sua vecchia forma antropomorfa.
    Volando, correndo o saltando le quattro figure si diressero sicure verso un punto preciso della zona oscura della Luna, una piccola catena di colline erose dal tempo e dagli urti dei meteoriti.
    - Le coordinate che quella bionda ci ha fornito sono precise al millimetro, così come il percorso più veloce. Mi domando perché un’umana sia ancora viva all’interno di quello che sembra essere la roccaforte degli Yoma.
    - Troppe domande e troppi enigmi, Makoto. - disse Rei, correndo accanto al suo Soldier. - Una cosa però mi incuriosisce…
    - Quale?
    - Non vorrei essermi sbagliata, ma quella donna sembrava indossare quella che era la vecchia tuta della base. Me la ricordo vagamente, dai ricordi dei miei genitori. Possibile che sia una sopravvissuta.
    - Affermativo. Sto osservando i fotogrammi migliori della registrazione, ed effettivamente per quanto consunta e strappata, sono riconoscibili dei segni distintivi del vecchio modello di tuta di protezione in forza ai militari della vecchia base. Sto inoltre confrontando la sua fisionomia con il mio archivio per tentare di trovare dei riscontri oggettivi.
    - Pensi di dare un nome alla nostra misteriosa signora dai lunghi codini gialli?
    - Possibile. Ma ci vorrà tempo. Mi sto collegando in modalità fantasma al cervello elettronico della base. Non voglio che qualcuno sappia cosa sto cercando.
    - Sei paranoica.
    - Se lo dici tu. Ho un dubbio che mi rode.
    - Un dubbio, tu?
    - Già, Minako. E’ un retaggio della mia parte organica. Come se fosse una corrente di dispersione sconosciuta. Esiste il segnale, ma non riesci a rintracciarlo.
    - Hai una pulce nell’orecchio, insomma.
    - Non ci sono pulci sulla Luna.
    - Era un modo di dire. - sospirò lei. - Ehi, la vedete anche voi quella costruzione?
    - No. Siamo fuori portata visiva. Tu stai volando, sei avvantaggiata. Passaci le immagini sul video…
    Davanti agli schermi delle altre ragazze comparve una struttura scura, apparentemente costruita da mano umana, simile in tutto e per tutto a una fortezza dotata di massicce torri circolari e alte mura.
    - Sembra uscito da un film medievale… - mormorò la ragazza nel Mars, in cui era entrata pochi secondi prima.
    - Direi più da un film horror, Rei. Osserva bene le mura.
    - E allora?
    - Guardale con lo zoom. Non noti qualche cosa di strano? - le chiese la ragazza dai capelli turchesi.
    - Aspetta un attimo. Santo… Ma sono vive?
    - Così sembrerebbe. Quelle mura sono fatte di Yoma sovrapposti, incastrati e in qualche modo bloccati, come fossilizzati tra di loro.
    - Anche le torri, i merli, tutto in quel castello orripilante è fatta di Yoma di livello cinque o quattro.
    - Le torri sono dei livello uno.
    - Scusa Ami, spero di non aver capito.
    - Le torri non sono costrutti multisoggetto. Sono un singolo Yoma di quella forma, probabilmente dei livello uno.
    - Siamo spacciate. Non arriveremo mai ad entrare.
    - Dubito, Mako. Sto registrando un numero impressionante di Yoma di vari livelli attorno a noi, immobili, in attesa o bloccati da qualcosa. Probabilità di raggiungere la fortezza novantacinque e tre percento.
    - E una volta dentro?
    - Nessuna supposizione. Si inventa qualche cosa. Come sempre. - borbottò Makoto, mantenendo poi il silenzio come le altre finché non arrivarono di fronte all’immenso cancello nero. Decine di occhi rossi e senza pupille incastonati nelle due ante li osservarono, alcune piccole bocche digrignarono i denti, alcune sibilarono, ma nessuno dei mostri che formavano la porta si mosse verso di loro, ma solo ai lati, disgregando la porta per permettere loro di entrare.
    - Non mi piace…
    - Siamo in due, Rei, ma non ci possiamo fare nulla. - tentò di rassicurarla la bruna, osservando come una volta oltrepassata la soglia questa si fosse riformata, chiudendole dentro.
    - Beh, speriamo solo che la nostra padrona di casa non sia anche la padrona degli Yoma.
    - Una trappola troppo complessa. Non ne capisco il motivo e le tempistiche. Il messaggio poteva mandarlo quando voleva.
    - Elaborazione in corso ipotesi. Due possibili ipotesi con percentuale superiore al limite inferiore. Prima ipotesi il messaggio è stato trasmesso fin dall’inizio ma le frequenze utilizzate non erano rintracciabili dai normali mezzi di comunicazione ma solo dai naniti. Seconda ipotesi la comunicazione ha lo scopo di attirarci per poterci sopraffare e recuperare i Desideri come era nella probabile idea iniziale che ha portato alla nostra trasformazione.
    - Insomma se la montagna non va a Maometto…
    - Una cosa del genere, Minako. - rispose Ami.
    Il suo Soldier voltò la testa verso la destra, in direzione di una sorta di porta che si aprì lentamente.
    - Direi da quella parte… - sorrise non convinta Minako.
    Il Mars ringhiò sommessamente, così come lo Jupiter si alzò sulle zampe posteriori come a mostrare la propria forza e il petto enorme e possente.
    - Calma piccola. E’ solo una porta.
    - Rilevo un’emissione di energia in quella direzione. E’ debole, sembrerebbe nascosta, schermata da qualche cosa.
    - Scopriamolo. Vado avanti io, Makoto chiude la fila.
    Rei si mosse per prima, iniziando a seguire i cunicoli, le stanze e le biforcazioni che condussero il piccolo gruppo nelle profondità del castello, guidate da una forza invisibile che le conduceva dove voleva. Nessuno degli Yoma che creavano le pareti o che le quattro incontrarono le attaccò o prestò loro attenzione, come se fossero state invisibili.
    - Mi fa quasi impressione non doverli combattere.
    - Io sono un po’ sollevata, devo ammetterlo.
    - Ci siamo. Le emissioni sono intensissime.
    - Dietro quella parete troveremo qualche cosa di certo, e credo che scopriremo chi è la bionda misteriosa.
    - Ho completato la ricerca nei database, e credo che la cosa non vi piacerà.
    - Sputa Ami. - borbottarono Makoto e Rei.
    - E’ il sergente Usagi Tsukino.
    - Tsukino? Come Lady Chibiusa? - chiese la bionda.
    - E’ sua madre…
    - Cazzo… - ringhiò Rei.
    - L’altro soggetto dell’esperimento è il capitano Mamoru Chiba, marito di Usagi.
    - Concordo con Rei… - mormorò Makoto. - Marito e moglie in un esperimento, con una figlia da poco maggiorenne…
    - E ora?
    - Non si cambia il programma. La troviamo e vediamo il da farsi. Mako, il tuo Jupiter pensi riesca ad abbattere il muro?
    - Mi stai prendendo in giro? Guarda che la mia piccola si offende…
    - Dai, allora, dietro quella parete nera c’è il nostro futuro, nel bene o nel male.
     
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    Capitolo 9

    - Alla faccia del nostro futuro. Se questo è quello che ci aspetta, mi fermo un po’ prima! Questo l’ho sentito! - gridò Makoto, parando con alcune difficoltà i pesanti colpi dei tentacoli dei mostri che avevano incontrato appena la parete si era frantumata in polvere sotto i possenti pugni del Soldier Jupiter e della sua padrona.
    - Certo che è strano. Siamo state sicure fino all’ultimo, quindi appena in questa stanza i mostri ci hanno attaccato, e tutti di livello due o leggermente superiore. Ma i miei artigli li tagliano comunque, quindi non vedo troppe difficoltà.
    - Registro una differente onda portante di energia in questi mostri. Sono diversi dai soliti Yoma. Sto analizzando la fonte dell’onda. Due onde in contrasto, una in continuo movimento, l’altra costante in modulazione ma non in intensità.
    - Traduzione! - gridò Rei infilando la sua mano nel costato di un essere simile a un Minotauro. - Ami, parla come mangi.
    - Io non ho più necessità fisiologiche come mangiare. - commentò la donna, con il suo Soldier appesa al soffitto grazie alle braccia meccaniche che spuntavano dal busto, lontana e relativamente al sicuro dai nemici, intenta a scoprirne i punti deboli o le possibili capacità offensive per dare supporto tattico alle compagne. - Comunque sembrerebbe che sia direttamente Chiba a controllare questi mostri, e quindi i tentativi di Tsukino di controllarli tramite questa strana emissione di energia ha come solo effetto quello di rallentarli leggermente.
    - Grazie al Cielo che sono lenti! - disse sarcastica Minako, utilizzando i tentacoli di energia del suo Venus come se fossero fruste.
    - Ma tu non dovevi guarire con quelle cose che hai sulla schiena?
    - Beh, se montano le molecole, potranno anche smontarle, no? - rispose sorridendo alla brunetta, attorcigliando un fascio di energia giallastra attorno alla gamba di uno degli esseri più grandi e staccandogliela come se l’avesse fusa nel punto in cui l’aveva toccata. - Certo è che è molto più difficile. Sto iniziando a stancarmi…
    - Evita di affaticarti, ci servi tra le altre cose per guarirci se ci facciamo male. Sono i nostri Soldier quelli più adatti alla guerra, lasciaci fare il nostro mestiere. Giusto Rei?
    - Perfettamente… - si interruppe per artigliare con entrambe le mani il volto informe di uno Yoma, quindi saltò sopra di lui e atterrando dietro lo stesso, la testa strappata del nemico che lentamente si disgregava come il corpo caduto a terra. - …d’accordo, Makoto. Ami, quanto ti ci vuole a trovare la nostra amichetta?
    - Elaborazione in corso. Sto rintracciando la fonte energetica. Attendere… Elaborazione in corso. Risultato. Tsukino si trova all’interno di quella struttura di mostri alla tua destra. Trasferisco le informazioni ai Soldiers.
    - Ottimo. Mako, io ti copro, e lo stesso vale per Minako. Fai un foro in quella parete, vorrei fare due chiacchiere con la nostra signorina…
    - Vado. Jupiter, quella parete ti andrebbe di disintegrarla?
    L’esoscheletro annuì silenzioso, e si gettò contro il muro assieme alla sua padrona, accanto a lui nella battaglia. La parete tremò sotto il primo possente colpo dei quattro pugni che la percossero, ma resistette. I vari mostri impegnati nella battaglia si voltarono verso di loro e ringhiarono cattivi.
    - Eh, no belli, voi siete tutti nostri. Avete tutti i balli prenotati. - esclamò la donna dai lunghi capelli neri lanciandosi verso di loro come il suo Soldier, aiutata dall’amica che diede fondo a buona parte dei missili che trasportava, permettendo a Makoto di sfondare l’ultimo ostacolo che le separava da chi aveva lanciato lo strano messaggio di soccorso.
    Un sottile raggio di luce bianca, seguito da altri si fece strada nella crepa che lo Jupiter aveva formato grazie anche alle mitragliatrici. Dove questi raggi toccavano i mostri, essi si inarcavano come doloranti e ben presto nessuno degli Yoma che stavano combattendo rimase in piedi. Lo stesso muro come se avesse capito che la sua funzione era inutile in quel momento, si disgregò, rivelando un’ampia stanza coperta di piccoli esseri bianchi, simili agli Yoma, ma senza i tratti demoniaci che li contraddistinguevano.
    - Cosa sono?
    - Yoma convertiti. Nel tempo sono riuscita a piegarli alla mia volontà. Sono inerti, ma almeno mi hanno permesso di contattarvi. - disse una voce femminile direttamente nelle loro teste.
    - Dove sei? Chi sei veramente? - gridò al vuoto Makoto.
    Dal pavimento si formò un bozzolo che lentamente si aprì mostrando una donna di circa quarant’anni, dai lunghi capelli biondi legati ai lati della testa a formare due codini simili in tutto e per tutto a quelli di Lady Chibiusa. Il suo volto era sereno, gentile, un sorriso appena accennato sotto due occhi grandi e chiusi, come se stesse meditando o dormendo.
    - Sono Usagi Tsukino, sergente dell’esercito giapponese, fanteria spaziale. O meglio, lo ero prima di diventare ciò che sono ora. - rispose senza aprire le labbra la donna, vestita con quella che sembrava una uniforme rotta e sgualcita. - Vi ho chiamate per fermarci, per fermare me e mio marito.
    - Mamoru Chiba. E’ lui che ha creato gli Yoma vero?
    La figura annuì.
    - Ma perché tenerti prigioniera, se ti ama? - chiese Minako
    - Lui non mi tiene prigioniera. Lui mi protegge. Questo è il suo desiderio, questo è ciò che è diventato.
    - Un essere che crea gli Yoma per uccidere non ti sta proteggendo.
    - Vendetta. Quello è il mio desiderio. Io e lui siamo collegati.
    - Ma se gli Yoma sono creati per vendetta, la tua, perché non li fermi come hai fatto con gli altri?
    - Ragione e sentimento sono due entità distinte. Io vorrei fermarli, ma è più forte di me. Io voglio vendicarmi di loro, e lui me ne da la possibilità.
    - Vendicarti di chi ti ha trasformato in quello che sei? In quello che siamo?
    - No. Vendetta per la morte di mia figlia.
    Le ragazze rimasero paralizzate per un istante. Usagi non conosceva la verità.
    - Tua figlia non è morta. - esclamò Ami.
    - Non mi mentire. Lo sento, una madre sente sempre se sua figlia è morta o meno. E io l’ho sentito.
    - Te lo posso dimostrare.
    Da una delle lenti del Mercury apparve una figura tridimensionale che fluttuava nell’aria, una perfetta riproduzione olografica di Lady Chibiusa.
    - Chibi… - sospirò la bionda, mentre una lacrima si faceva strada negli occhi chiusi e scorreva lenta lungo la guancia destra. - Come sei cresciuta…
    - Questo è l’ultimo dato disponibile di tua figlia. Lo scoppio della base l’ha portata a un coma di vari mesi, durante i quali il suo corpo ha recuperato anche dalla grave ferita al volto che l’ha resa orba.
    - E’ viva… E’ viva… - continuava a ripetere sorridendo Usagi. - La guerra non ha più senso, non ne ha più…
    - Niente più attacchi alla base?
    - No Makoto, così sembrerebbe…
    - E’ vero, ragazza dai capelli neri. La mia vendetta si è sopita, gli Yoma non attaccheranno più nessuno.
    - Ma rimane tuo marito, vero?
    Lei annuì.
    - Lui ha solo il desiderio di proteggermi, e registra voi, come qualsiasi altro nei dintorni come nemico. Devo riuscire a raggiungerlo, a parlargli, ma solo con la forza riuscirò ad arrivarci. Vi chiedo un ultimo sforzo, guerriere.
    - E se tu non riuscissi a parlargli, a convincerlo?
    - Minako, io vedo solo una possibile soluzione…
    - Affermativo Rei. Le probabilità che sia necessario uno scontro frontale con il soggetto Chiba sono assai elevate. Registro un incremento dell’energia proveniente da lui, in una posizione che potrei azzardare a definire il mastio del castello. Le torri si sono mosse, l’intero castello sta mutando la sua forma. Immagine finale imprecisata. Servono più dati.
    - Ma non possiamo uccidere suo marito!
    - Minako, se così ti chiami, se Mamoru non verrà convinto dalle mie parole e da ciò che mi avete mostrato, non fatevi problemi a ucciderci. Siamo solo una minaccia per la Luna e per tutti gli altri. Il nostro potere, come il vostro, è limitato solo dalla forza di volontà e dall’immaginazione del possessore. Il suo istinto di protezione verso di me è già praticamente diventato un istinto di distruzione verso tutto il resto. Non può rimanere vivo. E io con lui.
    - Non è giusto! - gridò la bionda, piangendo. Capiva quello che Usagi provava, e lo condivideva, ma lo trovava assurdo.
    - La guerra non è giusta. Questa vita non è giusta. - mormorò Rei. - Ho la possibilità di vendicare i miei genitori uccidendo l’uomo che ha provocato l’esplosione, ma non riesco a sentirmi felice. La chiami giustizia questa? Perché non sono felice? Perché?
    L’urlo della giovane si perse nei bui corridoi che si stavano deformando.
     
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