A Change is Gonna Come

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  1. -Michelle
     
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    Io sono una fata e lo sei anche tu le stava dicendo la bella ragazza mentre ella cercava in tutti i modi di ricercare le (eventuali) ali che sarebbero dovuto spuntare fuori dalla sua esile schiena di bambina. Ma niente, esse parevano non voler spuntare, così sul volto di Mokuren comparse una smorfia di dissenso. Ma non di sconforto, la piccola Ren era una ragazzina piuttosto ottimista e che non si dava mai per vinta. Prova a chiudere gli occhi e pensare a delle ali, le più belle che tu abbia mai visto, proprio quelle saranno le tue; vedi io le nascondo ma con te posso mostrartele le stava dicendo Rose vedendola alla ricerca delle ali. Le si avvicinò e le prese le mani, in modo da costruire un legame con la piccola fatina; entrambe privarono poi una sensazione di piacevole tepore.
    Semola si affiancò loro e miagoló un affidati a lei, Mokuren che ovviamente comprese solo lei. Ren chiuse gli occhi e cercò di concentrarsi ma non solamente sul farsi spuntare fuori le ali, ma proprio cercava di percepire qualsiasi cosa che potesse farle capire di essere una fata.
    C’era un angolo di quel parco che a Mokuren piaceva molto, perché era abbastanza tranquillo e silenzioso. Non era molto ben tenuto, forse perché era lasciato lì allo sbando. Per questo motivo era proprio lei che di tanto in tanto -spesso- vi si recava lì a curare le piante. Con la sua voce melodica. Comunicava con loro...
    Per non parlare che aveva fatto crescere una margherita rendendola gigante solo sorridendole; o quella volta che si era arrampicata su di un albero per raggiungere Semola, ed era scivolata giù, sempre più giù, fino che un ramo le aveva fatto da atterraggio morbido.
    E poi quando ogni tanto si sentiva triste, malinconica o arrabbiata, per calmarsi si immaginava sempre questo grande albero di magnolia fiorito davanti a se. Così facendo, il suo respiro rallentava e veniva pervasa da una sensazione di pace antica. (Quello era l’albero da cui era nata e da cui i suoi genitori adottivi le avevano dato io nome: Mokuren significava magnolia in giapponese). E tornava felice e allegra.

    Improvvisamente alle sue orecchie (e pure a quelle di Rose) giunse un lontano e dolce canto; Ren aprì gli occhi e guardò dritta verso la direzione in cui poteva sentire quelle bellissime voci. Semola guardò prima le due ragazze e poi la direzione in cui entrambe stavano puntando. Egli non vedeva niente, ma tornando con gli occhi alle due fate e guardando le loro espressioni beate e calme, capì che qualsiasi cosa esse avessero visto, era una cosa positiva e per nulla pericolosa.
    Rose prese per mano la bambina ed entrambe si avviarono verso quel ponte fatato che doveva ancora mostrarsi ai loro occhi; con Semola al seguito. Poco più in là un folletto le stava aspettando. Tutti e tre: avrebbe indicato loro la strada che li avrebbe portati al ponte (se erano degni) o altrove (se non erano degni). Il ponte mai si sarebbe fatto vedere da cuori impuri e dagli animi cattivi...
    Mokuren e Semola
     
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