A spasso con Daisy

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    Era inquieto.
    E la cosa lo rendeva nervoso, molto nervoso. Erano due giorni che non sapeva perchè essere inquieto, una strana sensazione sotto la pelle, una sorta di sesto senso che odiava avere. Quella sensazione che aveva provato ogni volta che entrava in battaglia e poi accadeva qualcosa.
    Non riusciva a dormire bene, e questo si era tradotto in una sorta di apatia anche sul lavoro. Non riusciva a concentrarsi, a dare il meglio, e per lui, una sorta di perfezionista, di artista del ferro, era davvero brutto.
    Decise di buttarsi giù dal letto poco dopo l'alba, tanto non riusciva comunque a dormire, e dopo essersi vestito con dei jeans comodi, scarpe da ginnastica e una maglietta bianca che era un po' aderente sul petto muscoloso, coperta da un giubbotto di pelle da motociclista con un simbolo che ricordava la testa di un lupo ricamato dietro, inforcò la sua moto e iniziò a girare a vuoto, lasciando che le mani e la moto decidessero velocità e direzione. La cosa sembrò rilassarlo, la sensazione sembrava andarsene, come se allontanarsi dalla quotidianità lo stesse aiutando.
    "Forse è il mio essere animale, essere selvatico. E' troppo tempo che non caccio... Non ero ancora a Vancouver quando l'ho fatto. Devo provarci, devo sfogarmi, ma non oggi."
    Nel suo girovagare si era avvicinato al college. Non se ne era reso conto, e non si era nemmeno reso conto che il mondo attorno a lui si era svegliato, con macchine più frequenti, pedoni, rumori e suoni. forse l'assenza di sonno, forse i rumori stavano facendogli venire un lieve mal di testa.
    "Caffè, mi serve un caffè..." sorrise appena voltando a velocità sostenuta ma comunque entro i limiti una curva che lo avrebbe portato verso il vicino Starbucks. Certo sarebbe stato pieno di ragazzi, giovani uomini e donne, ma il caffè era caffè.
    Appena voltato le sue orecchie delicate e molto più sensibili furono trapanate dal martello pneumatico che si accese sul piccolo cantiere vicino alla strada, facendogli perdere per un attimo la concentrazione e obbligandolo a chiudere gli occhi per il dolore lancinante che gli arrivò fino al cervello, nel profondo.
    Fu abbastanza per perdere di vista la strada e quando aprì gli occhi a meno di dieci metri da ui, sulle strisce pedonali, una ragazza dai capelli di un incredibile rosa era esattamente sulla sua traiettoria.
    Frenò, sterzando pesantemente, quasi a finire per terra, ma per fortuna riuscì a frenare e a mettersi di traverso abbastanza da solo sfiorarla. Sperò non si fosse fatta male, che fosse al massimo spaventata.
    "Scheiße!" imprecò ad alta voce. "Tutto bene? Ma la strada la guardi?!" quasi gridò più per lo spavento che davvero arrabbiato.
    Certo lo era, ma con sè stesso.
    Friedrick (Fred) Gorgered
     
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    La giornata non era iniziata proprio nel verso giusto per Michelle. Sveglia presto come ogni mattina perché il college era sempre lì che la aspettava. Un inizio normalissimo per la maggior parte di persone ma non per lei che adorava starsene sotto le lenzuola a poltrire, specie di mattina. Era una dormigliona e l’alzarsi al mattino era per lei sempre una dura lotta. E non era di certo per il freddo di dicembre che stava avanzando di giorno in giorno. Lei infatti era a suo agio con le basse temperature che Vancouver le offriva. Certo, non era come la sua amata Alaska, ma si poteva accontentare.
    Una volta alzata dal letto frettolosamente si diresse al bagno dove si sciacquò il viso per darsi una svegliata mentre contemporaneamente si toglieva il pigiama per mettersi dei comodi abiti per la giornata al college. Infine si legò i capelli rosa in due codini alti e subito dopo si apprestò ad uscire, portandosi con sè la borsa precedentemente preparata e l’immancabile cellulare che gli faceva anche da lettore mp3 pronto a dargli la carica di cui aveva bisogno. E nel mentre indossava la sua giacca rosa in pandant con i capelli e le scarpe.
    Arrivò così al college in perfetto orario, nonostante tutto odiava essere in ritardo per cui era sempre puntualissima, dove scoprì che le lezioni quel giorno sarebbero state saltate a causa di qualche sciopero di cui non se ne preoccupò. Ma ciò la fece grugnire per il fatto che si era alzata presto per nulla. Ecco, la giornata non era certamente iniziata nei migliori dei modi!
    Sospirando energicamente si convinse che sarebbe stato inutile ritornarsene a casa a dormire -ormai era sveglia- per cui optò per una colazione da Starbucks, il localino che affiancava il college, una pessima idea dal momento che non fu il pensiero solo di lei, ma che piuttosto pareva accomunare ogni singolo studente. Per questo optò di prendersi solo la bibita, l’immancabile latte, che glielo servirono poco dopo su di un bicchiere di carta, bollente. Si era scordata di chiederglielo freddo e la signorina sicuramente credeva di fare del bene servendoglielo caldo, dal momento che fuori i gradi sfioravano lo 0. *Temperatura lava...* si disse amareggiata una volta che le sue mani toccarono il bicchiere, scottandosi. Subito dopo sgattaiolò fuori dal locale e senza prestare troppa attenzione all’ambiente che la circondava, decise di usare i suoi poteri per raffreddare il suo latte caldo. Peccato però che era giunta ad un incrocio, rosso per lei, e lo stava attraversando. Sua fortuna volle che al momento era semi deserto ma un motociclista rischiò seriamente di buttarla sotto, e nonostante Michelle era ancora alle prese con il suo latte, non potè non accorgersi della situazione in cui si era cacciata. Scheiße!Tutto bene? Ma la strada la guardi?! fece l’uomo un tantino adirato fermandosi a pochi centimetri da lei che lo guardava con gli occhi completamente sbarrati, più per la perplessità di ciò, che per lo spavento in sè. La ragazza deglutì arrossendo violentemente per la figura appena fatta abbassando lo sguardo al bicchiere che teneva ancora saldamente fra le mani.
    Io...Eh...m.... E-...cco...mi scusi... balbettò qualcosa che avesse un senso compiuto cercando poi di riportare il suo sguardo verso il motociclista. Si è fatto male...? chiese subito dopo con la sua solita mania di preoccuparsi più per gli altri che per sè stessa. Sorrise timidamente nella speranza che l’uomo non si fosse fatto nulla. E quando i loro sguardi si incrociarono profondamente, la ragazza percepì qualcosa di strano a cui però non diede particolare attenzione, troppo impegnata a capire se per culpa sua quel tipo si fosse fatto male.


    Michelle Lennon


    Edited by woozy. - 9/12/2017, 12:31
     
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    Lui aveva reagito male. Il nervosismo, quell'inquietudine lo aveva reso imprudente, e ancora peggio, volgare e maleducato. Lui aveva frenato bruscamente non vedendo la ragazza attraversare, lui aveva imprecato nella sua lingua madre e ora doveva calmarsi per non far tremare la mano e iniziare a prendersi a pugni in faccia.
    Non lo avrebbe fatto, non avrebbe di certo risolto nulla e sicuramente le sue capacità rigenerative a parte il dolore non gli avrebbero permesso ematomi o altro.
    "Scusa, a colpa è mia..." borbottò guardandola dopo che lei gli rispose come se davvero avesse pensato di essere in torto.
    Un'auto diede un colpo di clacson. Stava intralciando la strada. "E datti una calmata! Mi sposto, mi sposto!" gli gridò voltandosi verso il guidatore, che stava inveendo contro di lui, credendo che i vetri impedissero a Fred di sentire ciò che diceva. Il licantropo ringhiò un istante, ma mantenne la facciata da umano e gli mostrò solamente il dito medio mentre spostava la moto sul marciapiede, sperando che la ragazza lo seguisse, altrimenti l'avrebbero ridotta una piadina sanguinante.
    "Scusami ancora..." le avrebbe detto se lei non fosse andata via.
    Il bicchiere contenente il latte ancora fumante era rovesciato sulla strada, la bevanda una piccola pozzanghera ormai inutilizzabile. "Senti, se posso, almeno ti offro quello che ti ho fatto cadere. Stavo... stavo andando anche io allo stesso locale. Fanno un ottimo caffè..." tentò di sorridere, ma senza esagerare, non voleva sembrare uno che ci tentava con ragazzine che avevano la metà della sua età apparente e circa ottocento volte meno quella reale. Per lui il concetto di "potrei essere tuo padre" assumeva più quello di "potrei essere l'antenato di un tuo antenato" se non fosse stato che la sua stirpe non esisteva più.
    Lui li aveva uccisi tutti.
    Allungò una mano. "Fred. Forse non il miglior modo di conoscersi, ma ci tengo a sembrare educato, visto che prima sono stato davvero una bestia."
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    Chi dei due aveva sbagliato alla fine non aveva granché più importanza ma tuttavia Michelle rimase nella sua convinzione che l’errore lo avesse fatto lei. Scusa, la colpa è mia..." fece lui con un borbottio, prendendosi invece lui la responsabilità di quanto fosse successo. La ragazza gli sorrise scuotendo la testa, come a dire che non c’era nessun problema e che poi era stata lei quella avventata ad attraversare senza guardare.
    Subito dopo un colpo di clacson fece sobbalzare i due che si erano dimenticati di essere nel bel mezzo di una strada. E datti una calmata! Mi sposto, mi sposto! esclamò l’uomo un tantino adirato, mentre la ragazza si inchinava in segno di scuse per poi apprestarsi a spostarsi verso il marciapiede, dopo aver colto il gesto poco fine che il motociclista aveva fatto all’autista. Hey guardi che siamo noi in torto!! esclamò senza perdere il suo sorriso una volta che raggiunse la “salvezza” del marciapiede.
    Scusami ancora... fece lui distogliendo lo sguardo su di lei per poggiarlo sulla strada dove il bicchiere di latte che fino a poco prima era fra le mani della ragazza, ora riversava ancora fumante. E solo allora Michelle si rese conto che la sua colazione era finita per terra. ...il mio latte... si lasciò scappare una lamentela un po’ da bimba, assumendo pure un’aria imbronciata. Una delle cose più importanti della sua vita era il latte, e vederselo rovesciato a terra fu un brutto colpo.
    Senti, se posso, almeno ti offro quello che ti ho fatto cadere. Stavo... stavo andando anche io allo stesso locale. Fanno un ottimo caffè..."
    fece l’uomo forse capendo lo stato d’animo della ragazza, o semplicemente voleva dimostrarsi gentile dopo quanto fosse successo. A Michelle infatti non passò minimamente per l’anticamera del cervello che quel tipo ci stesse provando con lei.
    Lui le allungò la mano cercando pure di sforzarsi in un sorriso. Fred. Forse non il miglior modo di conoscersi, ma ci tengo a sembrare educato, visto che prima sono stato davvero una bestia. fece infine presentandosi cordialmente, usando pure il diminutivo del nome, in maniera amichevole. O forse era ormai abituato a sentirsi chiamare così, anche da gente poco conosciuta. Michelle!!!! si presentò lei tutta soddisfatta del suo nome che adorava, aprendosi in un sorriso ancora più grande. Ma quando la sua mano arrivò a toccare quella dell’uomo, la sua espressione mutò drasticamente. Cos’era stata quella specie di scintilla che pervase il suo corpo? Una specie di dolore al petto, solo meno dolorosa...Una stranissima sensazione che mai aveva provato in vita sua...Almeno che lei ricordasse...Fu così che assunse per mezzo secondo un’aria dolorante, per poi lasciare posto ad una piena di perplessità, mentre scivolava via con la mano dalla presa di Fred, il quale se avesse avuto le mani senza guanti avrebbe potuto sentire un gelo improvviso.
    Mi sembra un’idea fantastica e accetto volentieri! esclamò lei infine voltandosi verso il locale. Se qualcuno volesse abbordarla non avrebbe mai trovato problemi, da quanto fosse ingenua e amichevole con tutti.
    I due si diressero verso Starbucks che per loro fortuna stava iniziando a svuotarsi liberando così parecchi tavoli. Io prenderei un latte freddo e una cheesecake!!! disse, ricordandosi questa volta di ordinare la bevanda a giusta temperatura. Poi si voltò verso l’uomo aspettando la sua ordinazione.

    Michelle Lennon


    Edited by woozy. - 16/12/2017, 20:59
     
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    Fortunatamente sembrò che la ragazza non solo stesse bene, ma che anche non fosse arrabbiata con lui. Si odiava profondamente, non solo per come si era comportato, ma anche per quell'inquietudine che non lo voleva mollare. Sbuffò a denti stretti sentendo che la ragazza dava ragione al tipo in macchina.
    "Sarà, ma potrebbe anche essere un po' più educato, come se nessuno lo sentisse dietro quei vetri." mormorò lui. Spostò la moto in un punto adatto per essere lasciata incustodita per un po', mise l'antifurto e controllò di avere soldi e documenti con sè. Aveva tutto.
    "Che entusiasmo." sorrise sentendo il suo nome. "Michelle... Sei originaria di qui, direi, o della zona, visto il nome francese. Mi ricorda una vecchia canzone di ben prima che tu nascessi... Michelle, ma belle, sont les mots qui vont très bien ensemble, très bien ensemble..." canticchiò. "Fred starebbe per Friedrick. Tedesco di Germania." rise lui assumendo il classico accento da film di serie B. Non capiva perchè ma si trovava bene con lei, a suo agio anche se sapeva solo il suo nome. Aveva qualcosa nell'aspetto, e non erano certo i capelli rosa, ma qualcosa nel suo odore, qualcosa che gli ricordava sua moglie.
    Trattenne il fiato un attimo dopo la sua proposta, notando affranto l'aria dolorante di lei.
    "Forse adesso mi picchia, credendomi un maniaco che potrebbe avere il doppio o il triplo della sua età..." sospirò, ma poi riprese a respirare quando lei gi disse che accettava e iniziò a seguirla fino ache non arrivarono al bar. Lei gli disse che cosa voleva.
    "La cheesecake la vuoi con il topping al caramello, al cioccolato o alla fragola, Michelle?" le chiese, mentre estraeva il portafogli e decideva se prendersi anche lui un dolce o solo il caffè. Optò per una donut al triplo cioccolato, per poi pagare e portare tutto al tavolo dove si era seduta dopo aver sentito la sua risposta in merito al topping.
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    Se la portiamo ad una conclusione poi arrivo sui baci ahhaha

    Certo Michelle adorava il suo nome proprio perché i Beatles gli avevano fatto una canzone, e quando quell’uomo intonò le note proprio di quella canzone, la ragazza arrossì violentemente e gli sorrise con un sorriso timido, mentre il suo cuore sobbalzò felice. I suoi occhi cercarono quelli dell’uomo e non se ne capacitò del motivo, e quando incontrarono quelli suoi neri, da sotto i suoi piedi una lastra di ghiaccio iniziò a formarsi. In quel momento la ragazza era scombussolata da quello che stava provando, per cui il suo potere si scaturì improvvisamente essendo fuori controllo; Michelle ancora oggi non era in grado di controllare quel potere. Fortunatamente fu lieve, forse Fred non se ne sarebbe neanche accorto -ma lei si ovviamente- e per questo motivo cercò di darsi un contegno. Tossicchiò portandosi la mano davanti alla bocca e poi rispose alla domanda postagli poco prima Sono nata ad Anchorage! esclamò con un tono forse un po’ sopra le righe, mentre con la mente cercava di ritirare la lastra di ghiaccio prima che lui se ne potesse accorgere. Beatles sì. È da lì che proviene il mio nome! E il mio cognome è Lennon!!! parlò tutta entusiasta riassumendo un colorito in volto normale e quindi riprendendo la calma persa qualche istante prima. Parlare di una sua passione la rendeva tranquilla. Fred starebbe per Friedrick. Tedesco di Germania." fece lui imitando i tedeschi dei film, e la ragazza rise insieme a lui. A guardarlo, così anziano, sembrava così autoritario, poi il volto pareva serrato in una smorfia seria, corrucciato che non faceva pensare al fatto che potesse essere in realtà un tipo simpatico. Michelle se ne compiacque mentre lo seguiva al tavolino dello Starbucks, trovandone appunto uno miracolosamente libero. Ringraziò il cameriere che portò loro la colazione e poi l’uomo che gliela offrì.
    Che ci fa qui dalla Germania? domandó curiosa.
    Mangiò quasi con ingordigia la sua cheesecake alternandola con qualche bevuta di latte freddo. Terminato il tutto spostò in avanti la tazza ormai vuota e facendo ciò andò ad incontrare la mano dell’uomo. E nuovamente toccare quella mano le diede una strana sensazione che non si sapeva spiegare. Timidamente ritirò la mano gelida, che al tocco si era fatta ancora più fredda perché ancora una volta il potere della ragazza era fuori controllo. Ma chi era quel tipo? Michelle non alzò lo sguardo per cercarlo, troppo timida per farlo.

    Michelle Lennon
     
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    Vediamo se riusciamo a fare una cosa ampressa ampressa allora, dai. La facciamo come prologo, poi sviluppiamo meglio ai baci, ti va?

    Fred si voltò per un attimo, un riflesso condizionato, a vedere se la moto era a posto, e notò una cosa lucida dove poco prima c'erano lei e lui. "Ghiaccio? Non c'era prima, ero sicuro..." si domandò col pensiero, corrucciando la fronte un istante. Ma la vicinanza di quella ragazza e la sua risposta così effervescente gli fecero dimenticare quasi immediatamente la stranezza.
    "Lennon? I tuoi genitori avevano una bella fantasia. Michelle Lennon. Bellissimo. Io sono Fred Gorgered, un cognome decisamente anonimo e che nulla ha del tedesco. diciamo che sono un tedesco di... seconda generazione, da padre di madre, per cui il cognome non ha più nulla a che fare con quello materno." inventò al volo una balla credibile. "Sono nato e vissuto qui da che mi ricordi, anche se ho viaggiato molto negli anni. Mi sono fermato qui da poco, ho un piccolo negozio in città, nella zona non centrale. Tu che studi?" le chiese bevendosi il suo caffè forte e nero.
    Lei mosse la mano e per sbaglio le due si incontrarono. Fu un movimento stupido, involontario per entrambi, ma lui non potè smettere di fissare la sua mano e quella della ragazza assieme, ma immediatamente la ritrasse, fredda al tocco come solo gli inverni che avevano decimato i romani nella Selva Nera potevano essere.
    "Cosa..." la guardò intensamente, mentre i suoi sensi acuti sembrarono, tentarono di sondarla. C'erano troppi rumori e suoni e odori, ma da lei veniva qualcosa che non era umano. qualcosa che sapeva di ululati e di corse sotto la luna. involontariamente ringhiò afferrandole il polso.
    "A che gioco stai giocando, streghetta?" strinse quasi a spezzarle l'osso.
    Friedrick (Fred) Gorgered
     
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    Michelle non si accorse del ringhio che l’uomo fece quando le loro mani si toccarono però la stretta che fece al suo polso, quella si che la sentì bene. A che gioco stai giocando, streghetta? disse stringendo sempre più aggressivamente l’esile polso della ragazza. Ahia...Ma che- eh? balbettò chiudendo gli occhi e cercando di divincolarsi dalla stretta che gli faceva sempre più male. Ma com è che l’aveva chiamata? La ragazza aprì gli occhi per portare il suo sguardo perplesso su quello dell’uomo. Mi sta facendo male...lei che sta facendo...? Cioè, io non sto giocando a niente...sono qui seduta al tavolo con lei... disse con ingenuità e nei suoi occhi non vi era menzogna. In quel momento non stava pensando allo strano dono che aveva ereditato dal padre, e quindi davvero non capiva a cosa Fred si stesse riferendo...
    Poi portò il suo sguardo al polso dolorante e ancora tenuto stretto dalla possente mano dell’uomo.

    Michelle Lennon
     
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    Tutto attorno a loro sembrò fermarsi quando si guardarono negli occhi. I suoi pieni di rabbia, quelli della ragazza spaventati. O lo era davvero o fingeva bene.
    "Ho visto il ghiaccio di prima in strada, ma potevo essermi sbagliato, ora la tua mano che è gelata, una cosa non naturale. Sei giovane ma credi di essere perfetta perchè hai i poteri. Cosa speravi di ottenere da me? Un cuore, o cosa?" mormorò sempre tenendole la mano con la sua. "Ho duemila anni di esperienza piccola, sei morta e ancora non lo sai. Ho un conto in sospeso con quelle della tua razza." per un attimo i suoi occhi furono quelli di un animale, di un potente lupo.
    Le lasciò la mano, pestò sul tavolo un biglietto da venti dollari, più che sufficiente per pagare tutto e si voltò per andarsene.
    "Ci si vede in giro, Michelle, se è il tuo nome. chiedi alla tua congrega di parlarti di Friedrick Schmedder e della foresta nera."
    Mosse un passo per andarsene, e se ne sarebbe andato se non fosse successo nulla che lo avesse fatto fermare.
    Friedrick (Fred) Gorgered
     
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